Monti strappa l’intesa su lavoro e giustizia Rai e crescita, rinvio
ROMA — Ha chiesto e ottenuto un mandato pieno, senza distinguo, per chiudere la trattativa sul lavoro già martedì prossimo, quando vedrà le parti sociali in quello che potrebbe essere l’ultimo incontro ufficiale fra sindacati e governo.
Questo ha chiesto Mario Monti ai tre partiti che sostengono l’esecutivo. Un mandato pieno a chiudere la trattativa in pochi giorni. Ieri sera a cena, nell’appartamento di Palazzo Chigi, dove sembra che sull’articolo 18, secondo il «modello tedesco», si sia registrata un’intesa di massima, il premier ha spiegato ad Alfano, Bersani e Casini che non ha alcuna intenzione di arrivare o addirittura superare la fine di marzo per annunciare che è pronto ad approvare la riforma del mercato del lavoro.
Troppe ragioni, ha sostenuto Monti, premono perché sia rispettata la scadenza che il governo si è data: gli occhi addosso della stampa, delle istituzioni e dei mercati internazionali; la promessa che lui stesso ha fatto, a Bruxelles e in altre Capitali europee; il desiderio di avere una novità di così grosso rilievo da annunciare agli imprenditori e ai governanti che incontrerà a fine mese fra Giappone e Cina; non ultimo il fatto che un buon accordo è frutto di sintesi e contrattazione, ma alla fine anche di decisioni, autonome, secondo il criterio della maggiore aderenza possibile alle buone proposte discusse in sede di confronto con le parti sociali.
Ieri sera, a Palazzo Chigi, solo per un aperitivo con i tre segretari, c’erano insieme a Monti il ministro della Giustizia Paola Severino e quello degli Esteri Giulio Terzi. Si sono fermati per la cena invece, insieme ai tre segretari, Elsa Fornero (Welfare), Corrado Passera (Infrastrutture e Trasporti) e Vittorio Grilli (viceministro dell’Economia).
Insieme alla riforma del lavoro, e dell’impatto che potrà avere per rilanciare la nostra economia, gli investimenti stranieri e un finanziamento del debito meno oneroso, Monti ha discusso con i tre segretari anche di Rai. Su questo punto, ha rimarcato il premier, sarebbe gradito un armistizio delle forze politiche da cui tutti potrebbero trarre benefici.
Se Bersani rivedesse la sua posizione, contribuendo alla definizione delle nomine a normativa vigente invariata, facendo un passo indietro rispetto a quanto annunciato, darebbe del resto una mano al governo nella ricerca di profili molto qualificati e di alto profilo per una nuova stagione della Tv pubblica. E non è detto che anche a normativa vigente (che il Pdl difende) non si possa comunque definire un patto fra gentiluomini su una maggiore autonomia della Rai dai partiti politici, dando spazio (come vuole il Pd) ad un direttore generale in grado di incidere in modo discontinuo con il passato.
Questa insomma sarebbe l’idea del premier: la ricerca di un equilibrio, fra diverse posizioni, con l’auspicio che su una riforma della governance si possa procedere in modo più sereno dopo il varo delle nomine di rinnovo del Consiglio. Ma se Monti è ancora convinto di poter riuscire a trovare un minimo denominatore comune fra Terzo polo, Pdl e Pd sull’argomento, magari poco prima della fine del mandato, non sembra che le posizioni dei partiti siano prossime a cambiare, almeno nel breve termine: ieri notte, al termine del vertice, si dava per scontata una proroga dei consiglieri Rai, rimandando le nomine a dopo le Amministrative.
Fra i temi sul tappeto, in un vertice che si protratto oltre l’una di notte, c’era anche la giustizia, e per questo motivo la Severino ha partecipato ad una parte dell’incontro. Sul provvedimento che riguarda la corruzione il governo presenterà un emendamento in grado di superare le obiezioni esistenti, ripromettendosi comunque di rivedere il reato di concussione, così come chiede da tempo l’Ocse.
L’incontro è servito anche per illustrare gli argomenti che il governo intende affrontare nei prossimi mesi: dalla riforma del fisco ad una tappa successiva delle liberalizzazioni; dallo stato delle finanze pubbliche a quello che si potrà fare, a fine anno, in tema di imposizione fiscale, per cercare di ridurre la pressione su lavoratori e imprese.
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