Monti all’Aquila non vede miracoli
E un moto di sdegno profondo probabilmente accende nelle menti tecniche per antonomasia un pensiero puramente politico. «Non mi aspettavo di vedere una situazione del genere. Avendo visto le scene in televisione non potevo immaginare. Starci è un’altra cosa», mormora il premier Mario Monti alla fine del breve giro cominciato con la visita al ground zero della Casa dello studente insieme a sua moglie, al ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, al sindaco Cialente e all’immancabile Gianni Letta, ossequiato come «fonte perenne di equilibrio e saggezza per la politica italiana». Monti è rimasto anche impressionato dalla «straordinaria bellezza» della città , «nonostante la drammatica situazione», e dall’ «entusiasmo palpabile» della popolazione con «una grande voglia di fare sempre meglio».
Pochi minuti prima qualcosa di simile doveva essere accaduta anche al ministro per l’Istruzione Francesco Profumo che davanti alla platea di dirigenti scolastici e studenti del cratere sismico, dopo aver ascoltato lo stato di doppia sofferenza di un’istituzione culturale che ha assunto nella regione dopo il sisma anche una funzione sociale fondamentale, aveva ammesso: «Lo Stato avrebbe potuto aiutarvi di più».
Quello stesso Stato che ieri per bocca del suo capo, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio di incoraggiamento al ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, artefice della partecipazione governativa al Forum Ocse «Abruzzo verso il 2010, sulle ali dell’Aquila» che si è tenuto ieri per tutta la giornata presso i laboratori di Fisica nucleare del Gran Sasso e si è concluso con l’intervento di Monti. Per Napolitano, l’aquilano è «un luogo caro a tutti gli italiani» che merita di essere rilanciato attraverso la «valorizzazione del patrimonio storico».
Peccato che quel patrimonio storico sia stato abbandonato per tre anni, preferendo dirottare i fondi a favore della visione trash-cementizia delle new town. A ricordarlo è lo stesso documento presentato ieri mattina dall’Ocse e dall’università di Groeningen alla platea di ricercatori e professori di mezzo mondo arrivati alle falde del Gran sasso per discutere di modelli di policy ottimali per i territori colpiti da calamità naturali: «L’attuale situazione dell’Aquila in materia di ricostruzione sembra riflettere in gran parte un approccio ampiamente frammentato, scoordinato e individualistico, con prospettive di breve termine», hanno scritto i ricercatori europei. La proposta dell’Ocse va nell’opposta direzione: coinvolgere innanzitutto la popolazione nel processo direzionale; spostare «il centro dell’attenzione dalla ricostruzione fisica allo sviluppo economico e sociale; passare dal breve e medio termine al medio e lungo termine; da un approccio piuttosto frammentato a uno socialmente integrato; da una prospettiva locale e soprattutto nazionale ad una più vasta nazionale ed internazionale». Sempre nella «volontà di veder ricostruiti il più gran numero possibile di edifici così come erano prima del terremoto del 2009, il più rapidamente possibile».
Il povero Gianni Chiodi, governatore Pdl della regione che probabilmente non ce la farà nemmeno alle prossime amministrative di maggio ad avere un capoluogo targato Berlusconi, ci prova: «Continua il lavoro senza soluzione di continuità del nuovo governo», dice a una popolazione ormai coesa nella speranza che Monti voglia invece dare un segno di totale discontinuità col precedente. E il premier, concludendo il Forum, conferma: ringraziando tutti i partiti per l’appoggio bipartisan al suo esecutivo, presenta col ministro Profumo il «Gran Sasso Institute», una scuola di alta formazione professionale che potrebbe rilanciare lo sviluppo dell’area, e annuncia un processo che favorisca «in modo alto la ricostruzione».
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