Milano, blitz No Tav in Comune nel mirino Caselli e l’ANPI

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MILANO – Arrivano alla fine della pausa pranzo. Striscioni e megafoni, bandiere e volantini. Sono in 24, tutti militanti del centro sociale Cantiere, si presentano alle 14 al portone di Palazzo Marino. Vigile e usciere non possono far altro che spostarsi. Alle 18 è in calendario un dibattito sulla «Legalità  difficile». Con Umberto Ambrosoli, il presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia, Sandra Bonsanti di Libertà  e Giustizia, il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo e soprattutto lui, Giancarlo Caselli, il capo della procura torinese che firmò 26 ordinanze di custodia cautelare contro altrettanti attivisti No Tav per gli scontri del 4 luglio. La protesta entra in Comune. Lo occupa. Il sindaco Giuliano Pisapia non c’è, a letto con la febbre. Ci sono però la Digos, i carabinieri del Reparto operativo, il comandante dei vigili Tullio Mastrangelo, assessori e consiglieri. Due ore di slogan e trattative. Alla fine la polizia sgombera, trascina di peso i 24 che, dopo un breve sit-in in piazza Scala, andranno via. Caselli, che già  il 20 febbraio aveva dovuto cancellare la presentazione del suo libro “Assalto alla giustizia” alla Feltrinelli di piazza Duomo, alla fine parlerà . Senza arretrare di un millimetro. Applaudito all’inizio e alla fine.
Restano quelle due ore di contestazione nel cuore di Milano. Divisa in due. Dentro la Sala Alessi, già  allestita per il convegno, dieci militanti del Cantiere portano le bandiere No-Tav e le fotocopie con gli slogan che inneggiano alla resistenza partigiana, si siedono al posto dei relatori e si fotografano a beneficio dei social network. Nel cortile di Palazzo Marino i loro compagni reggono uno striscione ostile all’Anpi («Non usate la memoria dei vecchi partigiani contro i partigiani di oggi. Da che parte fischia il vento?»), così come il volantino di rivendicazione dell’iniziativa in cui si cita Gramsci («Noi siamo vivi e dunque parteggiamo»). La polizia («Hanno fatto macelleria messicana in Val di Susa») e Caselli («Perché non indaga sulla ‘ndrangheta nei cantieri?») sono il bersaglio dei megafoni. Rizzo e Mirko Mazzali, di Sel e avvocato di uno degli arrestati No-Tav, provano a mediare, offrono ai militanti di intervenire al convegno, spiegano che nessuno può togliere la parola a un magistrato con la storia e lo spessore di Caselli. L’epilogo alle 16, l’intervento della polizia è deciso ma non violento, i ragazzi si siedono a terra e si fanno portare via con le mani alzate. 
Quando Caselli parla – arriva anche il procuratore aggiunto Armando Spataro ad ascoltarlo – gli echi della protesta sono lontani. Il procuratore la liquida come «appropriazione indebita» dei valori partigiani che sfiora «revisionismo e negazionismo». Spiega: «Se non mi sentissi minacciato sarei superficiale. La scritta «Caselli mafioso» è al di là  del bene e del male. Il movimento sta diventando il pretesto per praticare l’esercizio della violenza e la pretesa dell’immunità . E intolleranza, scritte e blitz sono passati anche grazie a indifferenza, silenzio e sottovalutazione. Ma guai a pensare che questi problemi comincino e finiscano con me». La condanna per l’occupazione di Palazzo Marino è trasversale. Giuliano Pisapia tuona: «Non è accettabile, nessuno pensi di intimidirci con atti di violenza e sopraffazione, difenderemo il libero confronto da chi cerca provocazioni e risse». Per il governatore lombardo Roberto Formigoni «l’escalation è inaccettabile, c’è chi vuole soffiare sul fuoco». L’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ammonisce: «Sono violenti organizzati che devono essere contrastati con ogni mezzo». Frena il capo della polizia, Antonio Manganelli: «Non ci sono pericoli terroristici nel nostro paese ma una effervescenza dell’area antagonista che può alimentare la tensione».


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