by Editore | 31 Marzo 2012 17:58
«Il popolo vuole la fine dell’occupazione». Con questo slogan preso a prestito dai rivoluzionari tunisini ed egiziani, migliaia di palestinesi ieri hanno commemorato le vittime del «Giorno della Terra», 30 marzo 1976, avanzando verso i posti di blocco israeliani agli ingressi di Gerusalemme. Nelle stesse ore migliaia di attivisti arabi e internazionali tenevano raduni e manifestazioni in molti paesi (anche in Italia). Nei Territori occupati sono esplosi scontri un po’ ovunque ma, ancora una volta, è stata la martoriata Striscia di Gaza a pagare il prezzo più alto. I militari israeliani usano i proiettili veri quando sparano contro la gente di Gaza, anche disarmata, non appena si avvicina alla «buffer zone», la zona cuscinetto imposta lungo il confine, all’interno della Striscia. La polizia di Hamas, in assetto antisommossa, ha provato a contenere, anche con le maniere forti, l’urto della folla. Ma molti manifestanti sono riusciti ad aggirare i blocchi stradali e a raggiungere la «buffer zone». Nella campagna di Beit Hanoun un giovane, Mahmud Zaqout, 20 anni, è stato colpito in pieno petto ed è spirato in ospedale. Inutili i tentativi dei medici di rianimarlo. «Il fuoco è stato intenso – ha raccontato al manifesto la fotoreporter italiana Rosa Schiano che seguiva i dimostranti – ad un certo punto i soldati dalle loro postazioni hanno cominciato a sparare ad altezza d’uomo. Ho visto diversi giovani cadere feriti tra urla di dolore. Ne ho contati 16». Purtroppo il bilancio dei feriti in serata è salito fino a 37.
Quella di ieri però non è stata solo la commemorazione del «Giorno della Terra». È stata anche la giornata della «Marcia Globale su Gerusalemme», organizzata in tutto il mondo, spiegano gli organizzatori, per ribadire «i legittimi diritti dei palestinesi sulla città negati da Israele». Scene da prima Intifada palestinese,popolare e non armata, come quelle di ieri nella zona araba di Gerusalemme, che non si vedevano da anni. Per ore centinaia di manifestanti riuniti davanti alla Porta di Damasco della Città Vecchia hanno resistito alle cariche della polizia, inclusa quella a cavallo. Ad un certo punto i più giovani hanno alzato una sorta di trincea, con i cassonetti dei rifiuti, per impedire il passaggio ai cavalli, bloccando Nablus Road. Protagoniste le donne. Gli scontri, con diversi palestinesi feriti e arrestati, sono terminati soltanto al tramonto. Ancora più intensa è stata la giornata al posto di blocco israeliano di Qalandiya, tra Ramallah e Gerusalemme. Decine i feriti, uno dei quali grave. È stato portato via in ambulanza anche Mustafa Barghouti, leader del partito di «Iniziativa nazionale» (Mubadara), colpito alla testa da un lacrimogeno.
A Betlemme un cordone di poliziotti dell’Autorità nazionale palestinese si è disposto davanti al checkpoint per bloccare la manifestazione. Ma decine di ragazzi hanno sfondato lo schieramento e lanciato pietre contro la più vicina delle torretta militari israeliane, lungo il Muro che circonda Betlemme. Un manifestante ha staccato il cartello che a caratteri cubitali annunciava «Benvenuti a Gerusalemme». Manifestazioni e scontri anche in altre città cisgiordane. Un migliaio di persone sono sfilate a Kafr Qaddum. A Iraq Burin circa 500 persone hanno manifestato dirigendosi verso la colonia ebraica di Bracha. Cariche dei militari a Nabi Saleh, già teatro da due anni, di frequenti manifestazioni palestinesi contro il Muro.
Nel sud del Libano, nei pressi della frontiera israeliana, centinaia di libanesi e di rifugiati palestinesi hanno manifestato sotto l’alta sorveglianza delle forze militari decise ad impedire qualsiasi sconfinamento.
In Giordania, più di 15.000 persone, fra le quali membri dell’opposizione islamica e sindacalisti ma anche cittadini stranieri, si sono radunate a Kafrein, nei pressi del mar Morto. Ospiti speciali gli ebrei ortodossi di Naterei Karta. «Siamo qui – ha detto il rabbino canadese David Fieldman – per dire che l’occupazione di Gerusalemme, della Palestina, è sbagliata…Questa è una catastrofe per il popolo palestinese. Non possiamo permettere che ciò continui». La manifestazione, organizzata dal movimento islamico, ha visto la partecipazione di delegazioni anche da Siria, Iraq, Malaysia e India. Raduni si sono tenuti anche in Egitto.
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