L’università  come bene comune

Loading

I beni comuni, declinati al plurale, designano quel complesso di beni, di prestazioni e di diritti indispensabili per lo sviluppo e la tutela degli uomini. Un ambito ove politicamente la categoria e il concetto (e quando diciamo concetto intendiamo tutta una riflessione antropologica, politica e filosofica, in breve: una visione del mondo) trova sempre più applicazione è l’ambito della conoscenza, ambito cruciale per una società  futura e globale dell’innovazione e del sapere condiviso. 
Un diritto democratico
Non è un caso se oggi, e in perfetta continuità  con le linee del passato governo, l’attacco neo-liberista si rivolge a due settori cruciali della riproduzione sociale: i servizi e l’università . Non bisogna essere particolarmente versati nelle scienze economiche o sociali per capire come con questa partita si voglia chiudere il cerchio aperto con gli interventi a demolizione delle tutele del mondo del lavoro. 
In tal senso, la riforma Gelmini è l’ultima più radicale e distruttiva riforma dell’Università  che porta a termine almeno un ventennio di quello che potremmo chiamare “lo sperimentalismo riformistico continuo”. Noi non crediamo che vi sia un protagonismo riformistico che contamina tutti i ministri dell’Università  e della ricerca scientifica. Noi non crediamo che vi sia un oscuro ispiratore di tutto questo profluvio di norme. Noi crediamo che via sia un solo e palese elemento che unifica, pur nella diversità , tutti questi interventi ed è la subordinazione del processo educativo e scientifico, come bene comune, ad una logica neo-liberista di subordinazione dell’istruzione universitaria e dell’istruzione in genere ai tempi e alle necessità  del mercato. Noi crediamo che vi sia un solo ispiratore palese e potente di questo processo, cui collaborano attivamente sia pur in posizione diversa e subordinata, un ceto di docenti universitari, di funzionari ministeriali e di uomini della Confindustria. 
Questo ispiratore è un modello di società  e di sviluppo che nega il diritto all’istruzione ogni volta che non risponde a delle logiche economiche e finanziarie di profitto, che nega ogni diritto all’innovazione scientifica condivisa ogni volta che non risponde a delle logiche di corto respiro di aumento strettamente monetario del Pil. 
Un sapere di base condiviso 
Queste consapevolezze sono oggi un patrimonio condiviso da tutte le realtà  di base nate in questi anni come risposta all’uso privatistico di un’istituzione pubblica. Una conferma della ricchezza di questo sapere di base condiviso è stata l’Assemblea Nazionale “Università  bene comune”, che si è svolta il 24 marzo a Bologna, organizzata da tutte le sigle che si sono opposte alla legge Gelmini. 
Chi ha partecipato all’assemblea sa che il livello qualitativo degli interventi e delle proposte è stato all’altezza della gravità  della situazione e soprattutto ha prodotto un modello di sapere sociale condiviso su tutti i temi cruciali del governo e della gestione dell’università  e della ricerca. 
Una modesta proposta 
La proposta lanciata dal ministro Profumo di una consultazione a livello di base sull’ipotesi di eliminazione del valore legale del titolo di laurea sarebbe il definitivo tramonto del carattere pubblico dell’Università . 
Noi riteniamo che la difesa di questo carattere passi oggi nella difesa del valore legale del titolo di studio, anche per evitare disparità  tra università  prestigiose e magari privatizzate di fatto nella provenienza dei finanziamenti e università  che rilasciano titoli non spendibili sul mercato del lavoro. 
Noi riteniamo che passi, oggi, simbolicamente e realmente nella difesa del valore legale del titolo di studio il progetto di un’Università  che pensi e rilanci un nuovo e diverso modello di società  democratica partecipata . 
Proponiamo quindi di dare vita ad un’ampia mobilitazione organizzando, anche in collegamento con il mondo della scuola, un contro referendum e delle manifestazioni sul diritto allo studio che sappiano legarsi con quelle di contrasto alla proposta del governo di modifica del mercato del lavoro. 
È evidente che quanto più questa campagna dovesse coinvolgere settori ampi del mondo accademico e della società  civile di questo paese, tanto più sarebbe possibile chiedere al Ministro una sospensione di tutte le parti della legge Gelmini ancora in discussione perché si apra un confronto reale negli Stati Generali dell’Università  tra le proposte della politica e il sapere di base di chi nell’università  effettivamente vive. 
* docenti Università  Federico II, Napoli


Related Articles

Se la scuola diventa un campeggio un istituto su quattro aperto per ferie

Loading

In aumento anche del 15% le richieste delle famiglie. Esperti divisi. I Comuni rimettono in funzione anche le vecchie colonie marine e montane. Ma gestite da privati 

Sindacati, Primo maggio a Portella della Ginestra

Loading

Cgil, Cisl e Uil quest’anno saranno in Sicilia: settanta anni fa la strage dei contadini che chiedevano le terre. . A Milano i precari sfilano alla «May Day». Cortei Usb nel Sud, e a Roma il «Concertone»

Qualche domanda a Repubblica sui cattivi ragazzi

Loading

Echi dalla Valsusa. Lampi di battaglia, sbuffi di fumo tossico. Nei wall di Facebook e di Twitter di mezza Italia si riporta qualche link, si lancia qualche appello. Ma si fatica a capire la centralità  simbolica e strategica di ciò che accade laggiù.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment