«Strappi allo Stato di diritto nella lotta all’evasione»

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ROMA — Il peso delle tasse punta a superare il 45%, «un livello che ha pochi confronti nel mondo», «eccessivo» per i contribuenti onesti. Troppi «strappi forti allo Stato di diritto» negli ultimi decreti, i cittadini non devono essere trattati come «sudditi». 
Arriva dai vertici delle massime istituzioni di controllo, la Corte dei conti e il Garante della privacy, un doppio attacco simultaneo alla politica fiscale del governo. E colpisce, da fronti opposti, sui temi che sono più a cuore all’esecutivo: la ripresa dell’economia, la leva fiscale e i controlli sull’evasione «ampia e grave». 
La prima bocciatura arriva, dati alla mano, dal presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino. Di fronte alla commissione Bilancio della Camera dice chiaro: «Il nostro sistema è disegnato in modo da far gravare un carico sui contribuenti fedeli eccessivo». Prevenendo la consueta giustificazione, dell’emergenza crisi finanziaria, Giampaolino ricorda che «le stime più accreditate ipotizzano un livello dell’evasione fiscale dell’ordine del 10-12% del prodotto». E lancia un monito: «Una volta attenuatesi le condizioni di emergenza» che apra lo «spazio a una riduzione della pressione fiscale che aiuti il rilancio dell’economia» «è necessario lavorare con tenacia e determinazione alla riduzione della spesa». La magistratura contabile ha più volte indicato dove e come tagliare.
Ma c’è di più. All’ipotesi di nuovo aumento dell’Iva Giampaolino contrappone il proposito «non ancora accantonato», e al quale si aggrappano le speranze dei cittadini, «di destinare a copertura degli equilibri di bilancio una quota crescente di gettito da recuperare dalla riduzione delle agevolazioni (fiscali)». Per allinearci all’Europa però, avverte, servono «sgravi sui redditi da lavoro e impresa per circa 50 miliardi». Il confronto con gli altri Paesi dell’Unione «segnala un’elevata pressione fiscale, una distribuzione del prelievo che penalizza i fattori produttivi rispetto alla tassazione dei consumi e patrimoni». 
Ma è contro l’evasione la lotta più dura da compiere. Le somme recuperate tra il 2006 e il 2010 sono circa 73 miliardi, «con un’incidenza di circa il 35,5% delle maggiori entrate», sottolinea. Ma serve di più. Occorrerebbero, suggerisce, «il completamento degli strumenti che, utilizzando le moderne tecnologie, possono contribuire alla naturale emersione delle basi imponibili, come il controllo telematico dei corrispettivi», ma anche «l’introduzione dell’onere del pagamento tracciato, anche al di sotto dell’attuale soglia di 1.000 euro, quale requisito di ammissibilità  fiscale della spesa sia nell’ambito delle attività  d’impresa e professionali, sia ai fini del riconoscimento di oneri deducibili e detraibili delle persone fisiche». 
Sempre sull’evasione, ma di diverso segno, il richiamo al governo del Garante Pizzetti. Per lui, che ieri ha tracciato il bilancio dei sette anni di attività  compiuta ora racchiuso in un volume, la lotta all’evasione fiscale sarebbe troppo invasiva. A suo giudizio, ci sarebbero «strappi forti allo Stato di diritto». «È una fase di emergenza dalla quale uscire al più presto», dice. Altrimenti «lo spread fra democrazia italiana e occidentali crescerebbe». «È proprio dei sudditi essere considerati deipotenziali mariuoli — dice Pizzetti —. È proprio dello Stato non democratico pensare che i propri cittadini siano tutti possibili violatori delle leggi». Invece «vediamo che è in atto, a ogni livello dell’amministrazione, e specialmente in ambito locale, una spinta al controllo e all’acquisizione di informazioni sui comportamenti dei cittadini che cresce di giorno in giorno. Un fenomeno che, unito all’amministrazione digitale, a una concezione potenzialmente illimitata dell’open data e all’invocazione della trasparenza declinata come diritto di ogni cittadino di conoscere tutto, può condurre a fenomeni di controllo sociale di dimensioni spaventose». Attenzione dunque, «ai bollini di qualunque colore siano» e «alle liste dei buoni e cattivi». 
Pizzetti ce l’ha anche con i decreti Sviluppo e Salva Italia che hanno ridotto l’applicabilità  del codice per la privacy alle imprese. Modifica che, spiega, non garantisce più la protezione da possibili hacker o nei rapporti tra imprese e banche.


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