«Ribellarsi subito o sarà  troppo tardi»

by Sergio Segio | 3 Marzo 2012 8:19

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«È aberrante. L’Unità  cacciata dalle bacheche è frutto di un’idea oligarchica della società . Dire “Non mi piace perciò la cancello”, dire “non mi piace Avvenire perché parla di morti in Africa e lo cancello”, è aberrante». Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, dal tavolo dell’assemblea per i dieci anni dell’associazione, ritiene drammaticamente emblematica per l’Italia la cacciata della nostra testata dalle bacheche del sindacato alla Magneti Marelli di Bologna e Bari. «È una cosa invereconda – puntualizza in una videointervista sul nostro sito – non mi piace quando si stacca un qualunque giornale dalla bacheca di una fabbrica, non mi piace quando un presidente Fiat dice fuori a tre operai reintegrati da una sentenza. È inaccettabile e bisogna presentarsi con l’Unità  nei luoghi di lavoro. Questa prepotenza non riguarda solo l’Unità , se non ti ribelli subito poi sarà  troppo tardi». Come ricordava una poesia di Brecht per situazioni certo più tragiche: un giorno tocca a un altro ma se non ti muovi in tempo poi toccherà  a te. Articolo 21 nacque nel marzo 2002, un mese dopo Berlusconi «emanò» il famoso diktat bulgaro che di lì a poco avrebbe estromesso dalla Rai Biagi, Luttazzi e Santoro. Un decennio dopo l’associazione che combatte affinché l’articolo della Costituzione sulla libertà  di stampa sia rispettato e non calpestato si ritrova in una chiesa sconsacrata dalle vetrate gialle e azzurre nel centro di Roma. I giornalisti e le giornaliste non celebrano una festa perché lo scenario è tutt’altro che idilliaco, pur se al momento privo degli estremismi del reuccio di Arcore. Infatti l’esclusione de l’Unità  da fabbriche del gruppo Fiat è considerata emblematica. Il nostro direttore Claudio Sardo prende pubblicamente la parola: «Non si tratta solo della libertà  di stampa di un giornale, in discussione c’è lo spazio di libertà  dei lavoratori, c’è il principio dell’articolo 21 della Costituzione. Ci sono forze che tendono a costruire una democrazia senza partiti, a ridurre il pluralismo sociale in una società  dove i cittadini sono soli davanti allo Stato e al mercato. Così impoveriamo l’idea della nostra democrazia». IL CONFLITTO D’INTERESSI Il motto del convegno è «quello di Scalfaro, né sotto dittatura, né sotto dettatura», segnala Corradino di Articolo 21. Con queste parole in mente Giulietti, parlamentare del gruppo Misto, butta sul tavolo delle proposte a Palazzo Chigi: «Il berlusconismo continua a vivere, a condizionare linguaggi e pratiche politiche». Dunque, in primo luogo, la tv e la Rai. «A Monti diciamo: il conflitto d’interessi va risolto a prescindere da Berlusconi. Da qui serve il divieto assoluto per chiunque di essere amministratore pubblico e contemporaneamente titolare di concessioni pubbliche». Al presidente del Consiglio Giulietti pone una scadenza “televisiva”, anzi due: «Il premier indica entro maggio l’asta per le frequenze digitali. E a fine marzo scade il cda della Rai. Il governo proponga una nuova fonte di nomina che recida ogni cordone ombelicale con i governi, i partiti e anche con le logge e la banda del conflitto di interessi». Ma in dieci anni il mondo è andato molto al di là  del teleschermo, internet è andato molto oltre. Infatti Vincenzo Vita, senatore Pd, annuncia un osservatorio per tutelare a libertà  in rete: «Sì, lanciamo Articolo 21 bis perché l’informazione è ormai multimediale».

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