by Editore | 30 Marzo 2012 7:02
I Paesi riuniti sotto l’acronimo Brics — Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica — hanno affermato che se si chiede loro di versare denaro per uscire da una crisi finanziaria gestita in modo pessimo da America ed Europa, che ha provocato uno «tsunami monetario», allora si deve anche riconoscere il loro ruolo nel governo del sistema economico-finanziario globale. Al centro della questione è il fatto che il Fmi vuole avere risorse finanziarie adeguate per partecipare alla costruzione del cosiddetto muro antincendio (prestiti ai Paesi in difficoltà ) da costruire in Europa affinché le crisi non si propaghino da un Paese all’altro. Nella dichiarazione finale di New Delhi, i cinque grandi emergenti dicono che «gli sforzi in corso per aumentare la capacità di prestito del Fmi avrà successo solo se ci sarà fiducia che l’intera istituzione è veramente impegnata a mettere in pratica con sincerità la riforma del 2010». La riforma del 2010 è appunto quella che dà più poteri e voti ai Paesi emergenti nel Fmi, ma non è ancora in essere per ritardi di Washington. I cinque Brics hanno anche criticato le banche centrali americana ed europea perché immettono nel sistema finanziario mondiale grandi quantità di denaro che creano volatilità nei flussi finanziari — gli investimenti che entrano ed escono da un Paese — con effetti destabilizzanti anche nelle economie emergenti. Un modo di fare impensabile fino a cinque anni fa.
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