Lombardia, c’è un altro indagato Romano La Russa è il numero 10

by Editore | 20 Marzo 2012 8:10

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MILANO – E fanno dieci: dieci nomi del consiglio regionale della Lombardia sul registro degli indagati. Dopo gli arresti per mazzette dell’ex assessore Massimo Ponzoni e del vice presidente del consiglio Franco Nicoli Cristiani, e dopo della perquisizione di dieci giorni fa negli uffici del presidente dell’assemblea, il leghista Davide Boni, ieri un’altra inchiesta ha coinvolto l’assessore del Pdl alla Sicurezza, Romano La Russa, fratello del più noto ex ministro della Difesa, Ignazio.
Il Nucleo regionale della Guardia di finanza, su ordine dei magistrati Maurizio Romanelli e Antonio Sangermano, ha notificato a La Russa un avviso di chiusura indagine con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. Modesta la cifra contestata: 5.000 euro. L’imprenditore Luca Reale Ruffino glieli avrebbe versati come contributo «per i costi della stampa di manifesti elettorali e santini», per la campagna alle regionali del 2010 e per quella alla Provincia di Vercelli dello scorso anno. Il fratello del più noto ex ministro Ignazio ha un lungo curriculum politico, iniziato in provincia. Prima consigliere di An a Cinisello Balsamo, poi a Sesto San Giovanni. Il primo incarico di rilievo arriva nel ’94, con l’elezione al consiglio Regionale. Nel 2004 e fino al 2009, è anche stato europarlamentare.
La stessa accusa di finanziamento illecito viene mossa anche al genero di La Russa, Marco Osnato, consigliere comunale Pdl a Milano, e all’assessore di San Donato Milanese, Gianfranco Baldassare. Per loro due, però, oltre ai manifesti e ai santini, Reale avrebbe anche saldato il conto di alcune cene elettorali. In cambio, l’imprenditore avrebbe spadroneggiato nella gestione di appalti dell’Aler, l’azienda che gestisce le case popolari a Milano. Ed è proprio sulla gestione a dir poco troppo allegra dell’Aler che si sono concentrate le conclusione dell’indagine, con in totale 12 indagati e accuse che parlano anche di corruzione impropria e turbativa d’asta.
Per Formigoni, il coinvolgimento di un altro assessore è un duro colpo. Ma la sua linea non cambia. «Io confermo quanto già  detto in diverse occasioni: l’avviso di garanzia non è una condanna» è il commento del governatore. Le opposizioni ovviamente attaccano. Per il capogruppo dell’Udc al Pirellone, Gianmarco Quadrini, «Formigoni ha davanti a sé pochissime opzioni e fra queste di azzerare la sua Giunta e farne una di salute pubblica, pescando figure di eccellenza dalla società  civile lombarda». «Solo la scorsa settimana – sottolinea il capogruppo del Pd, Luca Gaffuri – Formigoni sosteneva come la sua giunta non fosse stata toccata da vicende giudiziarie. Oggi è evidente che non è così. Occorre un rinnovamento profondo, che può avvenire solo restituendo la parola agli elettori». Mentre per il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, «Pdl e Lega sono riusciti a fare peggio di Craxi e a creare un sistema che è pure peggiore di quello del 1992».
Romano La Russa dice che l’accusa è «una cosa da ridere». «Un dirigente del partito, Luca Ruffino, imprenditore, mi avrebbe aiutato sobbarcandosi il costo di qualche mio manifesto per un totale di meno di 5.000 euro divisi in due campagne elettorali». L’assessore è convinto di poter chiarire tutto, «anche perché è evidente che si ridurrebbe al fatto di non aver scritto nell’apposita dichiarazione il modestissimo contributo elettorale». Il fratello ex ministro, invece, è convinto che «se la persona indagata non si chiamasse La Russa, questa notizia non sarebbe nemmeno finita sui giornali». È ottimista e convinto di riuscire a dimostrare la propria innocenza anche Osnato, il genero di Romano La Russa, che è anche responsabile Aler per l’area gestionale: «Dalle conclusioni dell’indagine emerge chiaramente che non ho avuto alcun vantaggio ingiusto in questa storia. Posso dire di sentirmi sollevato, visto che originariamente ero stato accusato di corruzione e abuso d’ufficio. Appena avrò la possibilità  di farmi interrogare potrò dimostrare la mia innocenza».

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