L’obiettivo è la legalità 

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Vivo nel mondo delle carceri da oltre quaranta anni, ho visitato moltissimi istituti, conosco la complessità  e la diversità  delle situazioni. Nelle carceri esistono realtà  positive e accettabili, mentre altre sono intollerabili. In generale c’è una grave insufficienza sul fronte delle offerte di lavoro: cito questo dato perché è una delle carenze più pesanti nella vita di ogni giorno. L’ozio senza alternative abbrutisce, ammala, può uccidere. Conosco il valore degli operatori penitenziari, dalla dirigenza alla Polizia Penitenziaria al personale del comparto ministeri che reggono valorosamente l’urto delle difficoltà  che investono il sistema penitenziario. Riportare le carceri alla legalità  è l’obiettivo, tra l’altro, della legge cosiddetta «salva carceri» del Ministro Severino che mi ha onorato dell’incarico di capo del Dipartimento, a cui dedicherò energie ed esperienza. 

I primi effetti di quella nuova legge, da misurare insieme al risultato della legge 199 del 2010, stanno nei numeri che mostrano una flessione lievissima, che però dura da oltre un anno, delle presenze dei detenuti: da un picco di quasi 69 mila a metà  2010 a 66.600 di qualche giorno fa.
Per quanto riguarda la necessità  di aumentare la disponibilità  dei posti detentivi, ribadisco che non se ne può fare a meno perché comunque, rispetto ai 47-48mila posti effettivi, abbiamo oltre 66 mila detenuti, con uno scarto evidente e intollerabile. L’Italia è infatti, come sai perfettamente, sotto la media europea quanto al rapporto popolazione-detenuti, mentre è molto indietro nel rapporto posti carcere-detenuti. Aumentare i posti letto, sistemare le strutture esistenti vuol dire migliorare le condizioni di vita dei detenuti e le condizioni di lavoro del personale, non certo inseguire la politica della carcerazione. Per realizzare un carcere umano sono fermamente convinto della necessità  di rafforzare il sistema delle misure alternative e di introdurre sanzioni sostitutive della detenzione. I provvedimenti del Ministro e del Governo vanno in questa direzione. 
La gestione del personale è una delle tre direttrici che giustamente richiami nella Tua lettera. Uno dei punti più complessi e difficili è stato da me affrontato con una iniziativa immediata che ha già  portato alla definizione delle piante organiche del personale in servizio nella sede centrale del DAP, nei provveditorati regionali e nelle Scuole di formazione. La proposta, che vede una drastica riduzione del fenomeno delle applicazioni dagli istituti al DAP e dunque la restituzione di una quota non irrilevante del personale alla “prima linea”, saranno discusse con le Organizzazioni Sindacali. Confido di trovare in esse l’appoggio che mi attendo per coerenza con posizioni sempre ribadite.
Da ultimo, Tu ricordi il caso di una presunta responsabilità  di operatori di polizia penitenziaria per maltrattamenti ai danni di detenuti. È evidente che spetta all’autorità  giudiziaria stabilire la responsabilità  degli operatori accusati di comportamenti penalmente illeciti, talché quando la magistratura assolve è in linea di massima ingiustificato allontanare il personale coinvolto. Altra questione è il dovere dell’Amministrazione di vigilare affinché non si verifichino situazioni lesive dei diritti delle persone detenute. Rispetto a questa questione non ho davvero bisogno di dire come la penso. Qualunque istituzione dello Stato deve vivere nel rispetto della legalità  e considero che garantire che questo avvenga nella istituzione carceraria sia la prima delle mie responsabilità .
* Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria


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