by Editore | 6 Marzo 2012 8:50
MILANO — «Mario Monti rischia la vita: il Nord lo farà fuori». Mai così duro. L’Umberto Bossi sentito ieri sera a Piacenza sembra uscire da un altro tempo e da un’altra era politica. Bisogna risalire agli anni del secessionismo e alle polemiche con il pm Papalia per trovare un Bossi della violenza verbale esibita ieri sera. Sarà pure, come dice un alto dirigente padano, «l’unico modo per superare la congiura del silenzio che stampa e tv hanno messo in atto contro la Lega». Resta il fatto che quel «rischio della vita» riferito a un avversario politico non apparteneva da un pezzo al lessico politico italiano. Il capo padano si è poi lanciato in una sorta di invito al linciaggio: «Il Nord sta riempiendosi di mafiosi in soggiorno obbligato, prima o dopo qualcuno si deciderà a impiccarli nella pubblica piazza». E il tema, in questo caso, è il recente via libera al trasferimento di Salvatore Riina a Padova: «Come i miei figli son leghisti, così il figlio di un mafioso…».
Né sono mancate le piacevolezze nei confronti dell’ex «amico Silvio», reo di sostegno al governo: «Monti e Berlusconi? Uno “gratta” (ruba, ndr), l’altro fa il palo». Per finire, un pensiero all’inno di Mameli, che presto potrebbe diventare obbligatorio nelle scuole: «Spero che i miei figli non lo cantino».
Più tardi il fondatore del Carroccio ha smentito la versione lanciata dalle agenzie: «Certe cose io non le ho dette, ho parlato soltanto di rischio politico. Perché al Nord Monti non sarà molto amato, oltre a portarci via i soldi, ci porta qui i mafiosi. È Monti che minaccia di morte noi». E ha concluso: «Nessuna minaccia. Se devo fare una minaccia, la faccio…». Sta di fatto che anche la Padania apre la prima pagina di oggi («Il Nord spazzerà via Monti») con un pezzo dedicato alla serata piacentina. E le frasi citate nell’articolo sono le stesse delle agenzie, anche se il quotidiano le definisce «decisa metafora politica». Energici, peraltro, anche i toni usati nel cremonese da Roberto Maroni: Mario Monti, dice, «è quello delle tasse», quello che «porta via le risorse ai Comuni. Vada a casa, Padania indipendente, Padania libera». Per il resto il Carroccio tace. Solo l’eurodeputato Matteo Salvini, che crede «ovviamente alla versione di Bossi», osserva che «la Lega esprime la rabbia dei pensionati traditi, dei disoccupati, degli imprenditori suicidati dallo Stato e delle vittime della mafia e della violenza».
Ma a velare il Sole delle Alpi è arrivata una nuova nube. Il possibile accordo tra Pdl, Pd e Udc per una nuova legge elettorale. Se diventasse realtà , sarebbe tutto tranne che favorevole al Carroccio: stop al premio di maggioranza (e dunque all’incentivo alla coalizione), sbarramento al 5%, penalizzazione dei partiti che si collocano tra il 5 e l’11%, premio ai partiti maggiori.
Ieri mattina, diversi ascoltatori di Radio Padania hanno chiesto lumi sull’argomento. Per dirla con Matteo Salvini, «le chiamate alla radio erano tra il preoccupato e l’incazzato». Eppure, Salvini, così come buona parte dello stato maggiore del Carroccio, ostenta sicurezza: «Non c’è dubbio: dato che siamo l’unica voce fuori dal coro, cercheranno di zittirci come accade in Russia o in Nord Corea. Ma non ce la faranno, a meno di non inventarsi una legge per cui gli elettori del Nord non possono votare. Noi misuriamo ogni giorno nelle piazze e nei comizi il sostegno della gente».
Anche Massimo Polledri, il deputato emiliano che ieri sera è stato indicato da Umberto Bossi come il candidato sindaco padano per Piacenza («È il nostro centravanti» ha detto il capo padano, consegnandogli una maglia della squadra con il numero 9 e il suo nome scritto dietro), non sembra scomporsi: «Noi siamo ben attrezzati per la traversata del deserto. E poi, noi siamo un partito con un’identità forte e un elettorato vasto: cancellarci non sarà facile». C’è poi chi la dice in un altro modo: «Dopo che Berlusconi sarà crollato alle amministrative, verrà in ginocchio a implorarci di ricostruire l’alleanza. Non avrà tempo per trescare con i compagni di merende del governo Monti». Sarà .
Resta il fatto che il Carroccio continua a sembrare appassionato soprattutto al fronte interno. Ieri il consiglio «nazionale» della Lega lombarda ha fissato le date del congresso: i giorni tra l’1 e il 3 giugno. Una scelta che ha subito scatenato malumori e anche illazioni sulla volontà di spostare all’ultimo il congresso: in quei giorni, almeno un milione di persone convergerà su Milano per la visita del Papa. La cosa è stata fatta notare da parecchi esponenti padani, sennonché mancavano sia il segretario Giancarlo Giorgetti, sia il coordinatore padano Roberto Calderoli. E dunque, resta da capire se le assise saranno spostate. Inoltre, il deputato Gianni Fava ha chiesto l’espulsione per Daniele Molgora, il deputato-presidente della Provincia di Brescia che ha fatto ricorso contro le nuove norme sui vitalizi dei parlamentari. Richiesta accolta all’unanimità . Nulla di fatto, invece, sull’altro tema che da settimane scalda le discussioni: la necessità o meno di sanzioni disciplinari per i militanti o i dirigenti che commentano i fatti interni del partito sui social network.
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