L’India non arretra: sul caso dei marò vale la nostra legge

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Il governo Monti spera che l’intervento dell’Ue con l’India consenta di far sviluppare il procedimento giudiziario in base alle leggi italiane, in quanto l’uccisione dei due pescatori sarebbe avvenuta in acque internazionali. Ma al momento l’intesa tra Roma e Bruxelles non ha generato risultati concreti. Il ministro degli Esteri indiano S. M. Krishna, da Singapore, ha ribadito la linea dura del governo di New Delhi sulla sua competenza nazionale nel processo con l’accusa di presunto omicidio per i due marò.
Nella prima giornata del Consiglio dei ministri degli Esteri la Ashton e Terzi, pur impegnati nella composizione diplomatica dello scontro tra Roma e Londra per il blitz britannico in Nigeria non annunciato al governo Monti, hanno manifestato la volontà  di superare le divergenze emerse nei giorni scorsi sul caso dei due marò. In particolare l’Italia sollecitava maggiore impegno dell’Ue nelle pressioni sull’India, mentre da Bruxelles scaricavano sulla Farnesina i ritardi e le carenze nella gestione della trattativa. La Ashton non ha comunque fornito dettagli sull’andamento dei contatti diplomatici dell’Ue con il governo di New Delhi perché si tratta di «una questione diplomatica molto sensibile».
Terzi si è detto soddisfatto del colloquio con l’Alto rappresentante Ue. «La mia richiesta è stata perfettamente compresa — ha dichiarato il responsabile della Farnesina —. Confido in una azione attiva dell’alto rappresentante e su una voce autorevole dell’Europa anche nei confronti delle autorità  indiane». Terzi non è entrato nella ricostruzione di quanto ha portato alla morte dei due pescatori indiani. Ma ha fatto circolare tra gli altri ministri una nota di tre pagine che ricostruisce gli aspetti di diritto internazionale per cui «l’Italia considera i suoi militari a bordo di queste navi come partecipanti a missione sotto la legittima protezione militare». La Ashton non è stata però in grado di integrare l’azione con una ricostruzione dell’inviato dell’Ue a New Delhi ancora in corso di elaborazione.
«Mi sono soffermato in dettaglio su quello che è avvenuto in India», ha spiegato Terzi a Copenaghen ricordando che «due militari italiani impegnati in operazione anti-pirateria sono stati oggetto di una misura detentiva e sono al momento in un carcere indiano». La Farnesina punta a far capire «come sia fondamentale per gli interessi dell’intera Unione Europea, ma anche di tutta la comunità  internazionale e dell’Italia, che il principio di libertà  di navigazione sia tutelato». Tale tutela dovrebbe includere il «riconoscimento degli organi di uno Stato che legittimamente agisce nel quadro delle risoluzioni dell’Onu e delle navi che battono bandiera nazionale». La Farnesina ha iniziato anche un’azione di sensibilizzazione del centinaio di Paesi impegnati in missioni militari all’estero, ammonendo sulle conseguenze di un precedente come quello che potrebbe verificarsi in India.
Ivo Caizzi


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