by Editore | 23 Marzo 2012 7:49
ROMA – È legge il decreto liberalizzazioni. La Camera (con 365 sì e 61 no e 6 astenuti) dà il via libera alle misure varate dal governo a fine gennaio. Molti gli assenti, tra cui Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani. Entro il fine settimana il decreto passerà alla firma dal Capo dello Stato. «Sono molto soddisfatto. È stato raggiunto un importante traguardo», il commento del premier Mario Monti, presente alla votazione. Il governo «era preparato all’opposizione dei tanti gruppi di interesse, titolari di rendite di posizione non più giustificabili né salvaguardabili».
Resta in realtà ancora da risolvere il rebus delle commissioni bancarie che, con un voto del Senato, erano state azzerate. Una decisione che aveva portato alle dimissioni dell’esecutivo dell’Abi. Ieri il governo ha accolto un ordine del giorno bipartisan, con cui si è impegnato a ripristinarle «in tempi rapidi». Probabile che si risolvi tutto con un mini decreto legge, da pubblicare contestualmente al provvedimento sulle liberalizzazioni. Sono stati sciolti (tra le polemiche) anche i nodi, sollevati dalla Ragioneria dello Stato, sulla mancata copertura finanziaria per cinque articoli inseriti al Senato. È stato Pietro Giarda, ministro dei Rapporti con il Parlamento, a garantire sulle coperture. Il governo, ha spiegato parlando alla Camera, si è basato sul parere delle Commissioni Bilancio, che è stato favorevole nonostante i dubbi della Ragioneria. Sul punto più dolente, la composizione bonaria delle controversie tra creditori e Pa tramite gli istituti della composizione e cessione di crediti e transazione, annuncia Giarda, «è già previsto un decreto attuativo del ministro dell’Economia che escluderà ogni effetto finanziario negativo». Contestano in Aula sia l’Idv che la Lega Nord, che chiede al Presidente della Repubblica di non firmare.
Non si arrendono i farmacisti. Federfarma annuncia la chiusura delle farmacie per il 29 marzo, iniziativa però bloccata dall’Autorità di garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, cui non risulta pervenuta alcuna proclamazione di sciopero, che dunque sarebbe illegittimo.
Il governo accoglie anche alcuni ordini del giorno, che però non sono impegni vincolanti e ai quali spesso non si dà seguito. Oltre a quello sulle banche (al quale l’esecutivo dovrà rispondere velocemente con un decreto correttivo), incassano il sì anche la proposta targata Lega per il ripristino del tetto dell’1,5% sulle commissioni per i pagamenti con carte di credito e bancomat e quello che chiede di annullare il cosiddetto “beauty contest” sulle frequenze tv assegnate gratuitamente a Rai e Mediaset. Accolto anche l’ordine del giorno targato Pd per un tavolo sul settore auto e un altro della Lega sull’abolizione dell’Imu per le abitazioni e i fabbricati rurali.
Corregge la linea il governo anche sulle Semplificazioni: accoglie le proteste dell’Authority per le Comunicazioni (che rivendica la sua autorità sul settore), contro la norma sull’ultimo miglio. L’articolo del decreto, «un esproprio» secondo Telecom, prevede l’obbligo per la stessa azienda di vendere i servizi di affitto del cosiddetto ultimo miglio separatamente da quelli dell’attivazione della linea e della manutenzione. L’esecutivo ha presentato un emendamento correttivo che non elimina la norma, ma assegna all’Agcom il compito di individuare «le misure atte ad assicurare l’offerta disaggregata dei prezzi relativi all’accesso all’ingrosso alla rete fissa e ai servizi accessori». Dunque i costi per affitto e manutenzione verranno espressi separatamente. Sparisce anche la possibilità di rivolgersi a società terze per la manutenzione della linea, che aveva fatto infuriare Telecom, ma anche i sindacati, che temevano la perdita di posti di lavoro.
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