Le auto da amare di Mr. Chung

by Editore | 16 Marzo 2012 9:28

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C’ è un gruppo che non sembra soffrire il mal d’auto in Europa. E non è nemmeno un costruttore tedesco, uso a esportare almeno due terzi della produzione dal Vecchio Continente per riequilibrare i conti. Si tratta di Hyundai, che dal 1999 ha inglobato la Kia. Marchi sudcoreani in crescita verticale nel nuovo millennio: crisi o non crisi dei mercati, apparentemente impermeabili alla tempesta perfetta creata dal doppio tuffo della finanza globale, nel 2008-2009 a partire dall’America e oggi da un’Europa sull’orlo di una crisi di nervi. Le vendite aumentano a livello globale anno dopo anno: 6,3 milioni di veicoli nel 2010, 6,6 nel 2011, 7 è l’obiettivo del 2012. E soltanto perché l’Europa, dove pure resta un segno più (per loro), continuerà  a frenare. Al Salone di Ginevra abbiamo incontrato il timoniere del gruppo sudcoreano, Chung Mong-koo. Una sorta di imperatore più che un top manager dell’auto, in una rara apparizione internazionale. Chung ha 74 anni ed è al potere da più di un decennio dopo avere ereditato dal padre la parte migliore dell’impero. L’occasione dell’incontro, avvenuto nel corso di una cena alla presenza dei massimi vertici mondiali del gruppo, è stata la sua premiazione quale World Top Manager 2011 da parte di una giuria di giornalisti, organizzata dalla rivista InterAutoNews . Ma che non fosse un incontro tradizionale con la stampa, lo si era comunque capito prima. In genere, il premiato si concede per una lunga intervista senza nessuna mediazione. Chung ha preferito tutta un’altra strada: domande e risposte scritte in anticipo, nessun contraddittorio, eventuali approfondimenti con gli altri manager seduti ai tavoli con i giornalisti. Fatta questa premessa indispensabile, dalle risposte ricevute emergono comunque dati interessanti e in alcuni casi rivelatori di quale sia il «segreto» dietro la spinta di Hyundai-Kia. Considerato il vero rivale da tenere d’occhio nella corsa al tetto del mondo, secondo il capo del gruppo Volkswagen, Martin Winterkorn. Chung, a dirla tutta, non nasconde più di tanto le sue ambizioni: «Aspiriamo ad assumere la leadership globale e diventare il costruttore più amato». La formula può sembrare esotica (il Caro Leader, si usa nella Corea del nord), ma in realtà  è un segno della determinazione con cui il gruppo persegue lo stesso obiettivo di Winterkorn e di altri. Il primato oggi è in mano alla Gm che promette di difenderlo con ogni mezzo e sempre che la Toyota non si rimetta sulla giusta via. Chung conferma che il suo gruppo continuerà  a crescere per vie interne, nonostante in molti parlino o pratichino la via delle alleanze e fusioni. Sergio Marchionne, l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler incontrato sempre a Ginevra, ci aveva detto poche ore prima che i sudcoreani faranno da soli, perché hanno i mezzi. «In questi ultimi anni – dice Chung – l’industria automobilistica sta evolvendo rapidamente ed è così davvero difficile fare previsioni attendibili. Seguiamo anche noi le varie alleanze o fusioni che stanno interessando altre Case automobilistiche a livello mondiale. Per quanto ci riguarda però, continueremo autonomamente il nostro percorso (“Hyundai Way”) e non prevediamo pertanto alcuna acquisizione o fusione». L’Europa è un gran mal di testa per quasi tutti i costruttori. Non si vende o lo si fa in perdita, anzi è un «bagno» per tutti secondo Marchionne. La struttura europea di Hyundai-Kia è stata costruita con filiali dirette negli ultimi cinque/sei anni. Dunque è una struttura giovane, cui i coreani hanno dato accesso a diversi top manager non coreani, come vediamo anche con i nostri occhi nel corso della cena con Chung, a partire dall’amministratore delegato, l’inglese Allan Rushforth. I giapponesi sono stati restii molto più a lungo a dare posti di responsabilità  a non giapponesi; Hyundai e Kia hanno addirittura capi designer portati a Seul dalla Bmw e dall’Audi, cioè da due marchi di enorme successo. Un segno di contaminazione culturale e insieme di disponibilità  al rischio, maggiore di quanto avvenuto a suo tempo in casa Toyota, Nissan o Honda. Chung conferma che la crisi del mercato europeo, in discesa dal 2007 e senza chiari di luna all’orizzonte, frenerà  appena la loro crescita e che «in questo momento non prevediamo di aprire un ulteriore stabilimento in Europa». Bastano e avanzano quello nella Repubblica Ceca e l’altro in Turchia. Piuttosto, come altri suoi omologhi che se lo possono permettere, insiste che Hyundai-Kia premerà  l’acceleratore sulla «capacità  di produrre dove è il mercato», che non è l’Europa ma gli Stati Uniti, la Cina, l’India, la Russia. Chung dice qualcosa anche su come fa a rendere il suo gruppo uno dei più redditizi. Nel 2011, ha scritto tempo fa il Wall Street Journal , HyundaiKia avrebbe chiuso l’anno con margini del 10%, dietro solo all’11,8% della Bmw e al 12,1% record dell’Audi, che però vendono auto di lusso. A Seul si risparmia così sui modi di produzione: «I differenti sistemi produttivi adottati dai vari costruttori – dice Chung – si assomigliano tutti. Nonostante ciò, le nostre priorità  in fase di produzione si concentrano sulla qualità  e nella massimizzazione della realizzazione di sistemi modulari (pre-assemblati) grazie a “Hyundai Mobis”, una consociata del gruppo che fornisce componenti e moduli pre-assemblati agli stabilimenti Hyundai dislocati in tutto il mondo. Inoltre, puntiamo a mantenere un livello produttivo ottimale grazie alla riduzione delle tempistiche di assemblaggio e al contenimento degli stock tramite il sistema JIS (Just in Sequence), che sfrutta un’avanzata struttura IT – anch’esso sviluppato da una consociata di Hyundai Motor Group». E’ la variabile coreana al giapponese Just in Time, ma a Seul sembrano avere qualcosa in più: «Grazie ad una domanda che si mantiene elevata – risponde sempre Chung – alle sinergie industriali all’interno del gruppo, che sono logistiche, industriali e commerciali ed alla continua integrazione delle piattaforme, i costi di produzione e di gestione sono stati ridotti: ciò ha permesso anche di contenere il costo di ogni singola, nuova Hyundai. Va ricordato che Hyundai Motor Group include anche Hyundai Steel e Hyundai Construction: circa il 50% dell’acciaio impiegato nella costruzione delle vetture Hyundai è prodotto da questa “sister company”». Con ulteriori risparmi, aggiungiamo noi. La qualità  è un’altra certezza acquisita del gruppo. Nessuno è come loro: le Hyundai sono vendute con una garanzia di 5 anni, le Kia con 7. Nate come auto di basso prezzo e pessima qualità , queste auto coreane hanno ricevuto prima molta qualità  e affidabilità , poi stile e design. E adesso? «Customer care, puntiamo sulla cura del cliente», ci risponde con un sorriso grande così il presidente europeo del gruppo, Chang Kyun Han. Da prendere nota sul taccuino, a futura memoria. In tanta forza, notiamo un punto debole nell’approccio del gruppo alle auto a basso impatto ambientale, ibride ed elettriche, settore considerato ancora rischioso per i costi elevati degli investimenti e per un ritorno nebbioso, almeno in termini di bilanci. Negli Stati uniti, la Hyundai Sonata ibrida va bene sul mercato, ma sull’auto elettrica il gruppo potrebbe arrivare fra gli ultimi. «Prevediamo di realizzare modelli ibridi “plug-in” entro il 2013 e veicoli elettrici entro il 2015», dice Chung, mentre diversi concorrenti già  vendono diversi prodotti di tutti e due i tipi. Chung si rifugia nelle auto a idrogeno: «La nostra divisione Ricerca e Sviluppo – spiega – è ben attiva sulla tecnologia FCEV tanto che, negli Usa ed in Europa, numerosi prototipi sono in fase d’avanzato sviluppo. Come la ix35 FCEV, presentata nel 2011, un C-SUV ad idrogeno un cui primo gruppo di 30 esemplari è in questo momento a disposizione delle autorità  europee affinché ne verifichino direttamente su strada l’efficacia e la funzionalità ». Avanti piano, comunque, perché i dubbi restano: «E’ ancora prematuro – conclude Chung azzardare una previsione in merito al successo commerciale di simili veicoli eco-friendly». Per un gruppo che corre per la leadership mondiale, ci saremmo aspettati di più.

Hyundai-Kia-Italia, piccole auto crescono

Dei numeri mondiali di Hyundai-Kia a livello di vendite e profitti scrivimo qui a fianco. Le filiali italiane del gruppo sudcoreano si sono comportate allo stesso livello, nonostante il nostro mercato sia oggi quello più in difficoltà  in Europa tra quelli più importanti (Grecia e Spagna seguono un corso ancora peggiore, ma anche perché la crisi ha colpito – se possibile – più duramente). Il marchio Hyundai ha chiuso il 2011 con oltre +20% di vendite, mentre la Kia con +2%, in un mercato andato sotto del 10,6%. Nei primi due mesi del 2012, la musica non cambia per loro e nemmeno per il mercato, che sembra sprofondare sotto i colpi della recessione e della mancanza di fiducia dei consumatori. Se nel primo bimestre dell’anno il mercato italiano delle quattro ruote è sceso complessivamente del 17,8%, la Hyundai è cresciuta ancora del 15,49%, mentre la Kia ha assestato un +43.54%. Certo, i due costruttori rappresentano ancora rispettivamente il 3 e l’1,7% della torta, però come si dice – piccole auto crescono.

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