«Congelare i beni di Asma» Mossa europea sugli Assad

by Editore | 22 Marzo 2012 7:31

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Asma ha il passaporto britannico, è cresciuta a Londra nel quartiere di Acton, il padre cardiologo e la madre diplomatica. Quel documento d’identità  non dovrebbe più bastarle per viaggiare (e fare acquisti) in Europa: i ministri degli Esteri dell’Unione votano domani a Bruxelles una nuova serie di sanzioni contro la Siria. L’ex manager della JP Morgan dovrebbe venire inserita nella lista nera di dodici persone che si aggiungono ai capi del regime, tra loro il presidente e il fratello Maher, già  colpiti dallo sbarramento diplomatico.
Per Asma significa dover rinunciare anche allo shopping via Internet (candelabri e vasi) rivelato dalle email intercettate da un gruppo di attivisti e passate al quotidiano britannico Guardian. Le aziende e i negozi dell’Unione Europea non possono più fare affari con lei, neppure venderle un divano. Anche se la primadonna siriana aveva già  aggirato il blocco economico contro il marito ordinando i pezzi d’arredamento sotto falso nome e facendoseli consegnare a Dubai.
I messaggi personali, inviati tra il giugno del 2011 e il febbraio di quest’anno, avrebbero influito sulla decisione di mettere al bando anche lei. Quella del «dittatore» è solo una battuta, ma le lettere digitali mostrano che Asma è rimasta a fianco del marito in questi dodici mesi di rivolta. In un’email del 10 gennaio elogia il discorso pronunciato da Bashar: «Dà  prova di essere forte, di non essere più disposto ad accettare i disordini». In un altro commento protesta perché l’emittente americana Abc ha mandato in onda un’intervista poco favorevole.
Il padre Fawaz Akhras è un sunnita (la maggioranza nel Paese dominato dagli alauiti, la setta a cui appartengono gli Assad) ed è originario di Homs, la città  martoriata dai bombardamenti dell’esercito. A lui Asma invia un messaggio con una lista di barzellette sugli abitanti di Homs, da sempre bersaglio delle ironie degli altri siriani. È un elenco di domande scolastiche con risposte sciocche: «In quale battaglia morì Napoleone?» «L’ultima che combattè». L’email viene spedita il 17 gennaio, quel giorno a Homs i soldati di Assad — testimonia l’Osservatorio siriano per i diritti umani — arrestano un gruppo di ragazzini. Prima di rilasciarli, li legano e li picchiano.

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