«Chi ha ragione? Fuori i numeri»

by Sergio Segio | 3 Marzo 2012 8:16

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«Cosa aspetta il governo tecnico a riportare la questione della Tav Torino-Lione su un piano strettamente tecnico, appunto?». Il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società  di meteorologia italiana, è tra i 360 ricercatori e docenti universitari di tutta Italia che il 9 febbraio scorso hanno inviato al premier Mario Monti una petizione per chiedere di confrontarsi su dati scientifici, numeri e bilanci in modo da valutare la necessità  dell’opera da realizzare in Valsusa. Mercalli e gli studiosi (diventati ormai oltre un migliaio) chiedono una sola cosa: che i ministri tecnici per antonomasia prendano in mano questi numeri, questi studi, e dimostrino con i loro – se ne hanno – di avere ragione. Un confronto sul piano della logica, nulla di più. «Sarebbe l’unico modo razionale e corretto per capire cosa è vero, dirimere le varie posizioni, e disinnescare questa terribile contrapposizione, uscendo dal piano ideologico». I Professori però non hanno mai risposto ai loro colleghi professori. Professor Mercalli, come cittadino che vive nella Val di Susa da molto tempo, come si sente in questo momento? Quando vivevo a Torino, fino a quindici anni fa, ero del tutto indifferente alla costruzione della linea ad alta velocità  nella valle. Poi ho cominciato, come tutti da queste parti, a documentarmi e ho maturato una posizione critica. Ora, mai come prima, sento un avvilimento totale come cittadino, come docente, come ricercatore e giornalista. Avvilito dalle dichiarazioni come quelle del ministro Cancellieri che vedo chiudersi nella critica esclusiva sulla questione di ordine pubblico, invece di confrontarsi sui fatti. Come ricercatori seguiamo un metodo scientifico che potrebbe non essere rifiutato a priori, basato su dati verificabili e trasparenti di cui dovremmo discuterne come si fa in un paese democratico, con una commissione ad hoc. C’è già  stato un osservatorio, come ha ricordato il governo. Sì, ma era un osservatorio per la realizzazione della linea, una struttura che non contemplava il se ma solo il come. E invece le motivazioni non sono affatto chiare, rimangono ignote ai più, almeno sul piano della logica. Per esempio: la linea ferroviaria c’è già  in Valdisusa ma è utilizzata solo per il 25% delle sue potenzialità … …perché ha un percorso di montagna e quindi non reggerebbe carichi maggiori, o no? E chi lo dice che è più vantaggioso spostare un carico su un solo treno ad Alta velocità  piuttosto che usare più treni che viaggiano su un’infrastruttura normale? Di fronte a un’opera che costa attorno ai 20 miliardi di euro, qualsiasi altra azione di miglioramento della linea storica è più vantaggiosa. Stiamo parlando di una linea internazionale a doppio binario dove già  passa il Tgv che collega Milano con Parigi, via Torino e Lione. In quel tratto di un centinaio di chilometri circa dove si vorrebbe realizzare il tunnel, il Tgv va a 100 km orari e non ad alta velocità : nulla di drammatico. Da esperto di climatologia, invece, quali sono i punti critici dell’opera? Uno dei motivi pro Tav si fonda sull’assioma che il trasporto su rotaia di merci e passeggeri è in qualunque caso meno inquinante del trasporto su gomma. Ma come, lei non è d’accordo? Secondo gli studi di alcune università : California, Siena, Napoli e un istituto di ricerca svedese, i treni ad alta velocità  con una così importante componente di tunnel richiedono una quantità  di energia così imponente in fase di costruzione da vanificare ogni vantaggio del passaggio dalla gomma alle rotaie. Insomma è una cura peggiore del male. Allora la domanda che poniamo al governo è questa: possono dimostrare con dati e numeri che questi studi non sono veri? Che sia chiaro: io sono un abituale pendolare e so benissimo che il trasporto su rotaie fa bene all’ambiente, ma solo se si usano le infrastrutture “normali”. E non la Tav nel tunnel, accoppiata altamente impattante. Possibile che nessun ministro dell’Ambiente finora abbia considerato questi dati? Invece di sentire solo la parola «strategico» con cui la politica continua a difendere quest’opera, vorrei vedere applicato il metodo scientifico. Vorremmo confrontarci con tecnici e scienziati su bilanci energetici, economici, ambientali e trasportistici. Vorremmo parlare di emissioni, di rocce, di necessità  di trasporto. Ci sono esperti che hanno presentato studi e tabelle, come il professor Marco Ponti del Politecnico di Milano uno dei massimi esperti di economia del trasporto, o il prof. Sergio Ulgiati dell’università  di Napoli, specialista di bilanci energetici, o come il prof. Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino nonché membro dell’osservatorio governativo che ha prodotto dati sull’insostenibilità  economica, ma nessuno lo ascolta. Strano, per un governo tecnico… Nell’era del metodo scientifico, dove tutto viene quantificato con numeri, grandezze fisiche, piani economici e di ammortamento, perfino sui malati e sui morti si fanno i conti, si pianifica e si calcola, e pure la nostra salute in ospedale non viene considerata «strategica» ma rigorosamente quantificata in euro, solo qui non si fanno cifre ma si ripete solo la parola «strategico». La vostra non è, quindi, una posizione da «retrogradi valligiani» che rifiutano la modernità  o un’opposizione da Nimby. Ricordo che in questa valle – ormai ghettizzata – abita l’inventore dell’Mp3: non è una valle di montanari retrogradi ma di gente che si interroga sul futuro, su come lo Stato spende i soldi e sul modello delle grandi opere. Ma solo una minoranza di cittadini è contraria, così almeno ci hanno spiegato. Ma cosa vuol dire? I numeri non hanno maggioranza o minoranza. Galileo quando sosteneva la sua teoria era solo. Se uno mi dimostra con i numeri che io sono nel torto, va benissimo, sarò il primo ad inaugurare l’opera. Altrimenti non c’è maggioranza che tenga. Se i dati del governo possono smentire quelli oggi a disposizione della comunità  scientifica, allora perché hanno paura di riaprire un tavolo tecnico e rimettere tutto in discussione? Ci si muove ormai solo su un piano dogmatico. C’è il dio Tav, e tutto il resto non esiste.

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