L’Ikea ai politici: basta raccomandazioni

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CHIETI – La multinazionale Ikea alle lettere di raccomandazione dei politici italiani risponde di no e risponde per iscritto. La casa svedese specializzata nella vendita dei mobili, alle “pressioni” che subisce per aggiudicare posti di lavoro in uno dei venti punti vendita sparsi nella penisola, replica sempre con educazione ma soprattutto con fermezza. Com’è accaduto una settimana fa, in occasione delle selezioni del personale per l’apertura di una nuova filiale a Chieti.
Questa volta si tratta di una lettera di raccomandazione firmata da un assessore regionale abruzzese, con tanto di lista di nomi allegata. Tutto su carta intestata dell’ente pubblico. Formalmente una «richiesta d’informazioni sull’esito della selezione dei seguenti candidati…», in pratica una “pressione” per favorire pochi a danno di trentamila persone che avevano presentato il loro curriculum per partecipare una selezione per appena duecentocinquanta posti di lavoro. Pochi giorni dopo è stata recapitata all’assessore la lettera di risposta della multinazionale. 
Questo il testo: «Gentile assessore, per sua etica professionale Ikea non rilascia informazioni a terzi in merito a candidati ad opportunità  occupazionali, e ragioni di privacy ci portano a comunicare solo ai diretti interessati il risultato delle selezioni. Il processo di selezione è da sempre impostato sulla base di criteri professionali attinenti alla competenza, alla motivazione e all’esperienza di chi si propone. Siamo certi che questo nostro atteggiamento, improntato alla valorizzazione del merito e a correttezza deontologica, sia ampiamente apprezzato sia dai nostri collaboratori che dai nostri clienti». 
E nella terra di Remo Gaspari (ex ministro noto per le migliaia di lettere di raccomandazioni inviate durante la sua carriera politica) questa risposta ha fatto molto rumore, nonostante i tentativi di riservatezza da parte di tutti gli interessati. E così la casa svedese nel confermare a Repubblica la notizia ha evitato di rendere pubblico il nome del politico protagonista della vicenda: «Per una questione di stile», spiegano dalla direzione generale svedese. «Del resto non è certo la prima volta – ammette Valerio Di Bussolo, responsabile alle relazioni esterne dell’Ikea Italia – e va precisato che rispetto al passato notiamo un calo delle raccomandazioni», sottolinea. «La novità , forse, risiede nel fatto che abbiamo deciso di rispondere a questo genere di lettere perché riteniamo che non possiamo esimerci più dal prendere una posizione ufficiale in vicende del genere. Occorre necessariamente far comprendere alle amministrazioni locali che tipo di azienda è la nostra. La selezione per noi è un momento fondamentale. Scegliere personale che abbia merito, competenza, motivazione ed esperienza non è facile, ma è molto importante». 
Ma non sono solo i politici a chiedere “assunzioni” pilotate. Nei corridoi della sede italiana della multinazionale c’è ancora chi ricorda le pressioni di un vescovo per dei posti di lavoro nella sede dell’Ikea di Firenze.


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