«Ah! Dieu Wade» Via il patriarca Sall presidente
Nelle boulangerie, sui car rapid incolonnati negli ingorghi immensi di Dakar, fra le bancarelle di Sandaga (il mercato popolare più grande della capitale), i senegalesi mostrano trionfanti il mignolo ancora macchiato dall’inchiostro rosso indelebile, il segno visibile e tangibile di aver ottemperato al proprio dovere cittadino, come si dice pomposamente da queste parti, uno dei modi più collaudati di impedire brogli elettorali (chi ha il mignolo rosso non può intruffolarsi in un altro seggio elettorale armato di documenti falsi).
Macky Sall è il nuovo presidente della repubblica. I dati sono ancora parziali ma la distanza con Wade è incolmabile. Il sentore della sconfitta del grande vecchio in carica da oltre 12 anni si è incominciato a percepire domenica verso le 16. 30, un’ora e mezza in anticipo rispetto alla chiusura dei seggi elettorali prevista per le 18.00 qui in Senegal, quando sono trapelati i primi dati scrutinati dei seggi europei, dove i senegalesi residenti all’estero hanno votato in massa Macky Sall. Il cambio dell’ora legale ha anticipato l’inevitabile. Alle 20.00 in piazza dell’obelisco (la piazza Tahir del Senegal) una folla sempre più grande ha cominciato a radunarsi in attesa fremente della conferma delle loro speranze. Alle 21.30 il segnale è arrivato sotto forma di una telefonata di Wade a Macky Sall di congratulazioni per la vittoria riportata.
Un minuto dopo il Senegal ha festeggiato in stile senegalese. Tam-tam, djembe, fischietti, di auto nelle strade, popolo inneggiante sui marciapiedi
La maggioranza non conosce nemmeno bene il programma elettorale che ha permesso al’ex delfino di Wade, Macky Sall, di vincere, segno inequivocabile che queste elezioni sono state un referendum contro Wade.
Ministri ridotti da 45 a 25, la riduzione delle imposte sui beni di primo consumo e il rafforzamento degli apparati statali (lotta alla corruzione, indipendenza della giustizia, etc) sono promesse elettorali tuttaltro che facili da realizzare, in un paese strangolato da anni di neoliberismo incontrollato scandali, corruzioni.
Ma lo spettro di un terzo mandato, con il rischio reale e concreto della successione al potere del figlio Karim alla guida del Senegal per sopraggiunti limiti d’età di Wade (85 anni), si è dissolto, lasciandosi alle spalle però una lunga striscia si sangue, violenza, repressione e morti occorsi nelle settimane precedenti al primo turno elettorale, il 26 febbraio scorso.
Tutto si è accellerato a partire dal 23 giugno 2011 quando una folla immensa e inferocita di giovani si riversò davanti all’assemblea nazionale costringendo il presidente Wade a ritirare la scellerata riforma costituzionale per la creazione del vice-presidente della repubblica, una mossa nemmeno tanto ingegnosa per installare suo figlio Karim come successore.
Da allora il Senegal è cambiato. Il movimento M-23 nato subito dopo i primi scontri, Y’en a Marre (un ampio collettivo di artisti hip hop senegalesi) sono solo i due dei tanti gruppi, associazioni, organizzazioni che si sono costituiti in questi mesi mettendo le fondamenta per la costruzione di un soggetto politico inedito finora in Senegal, la società civile, con cui il potere dei partiti politici e il potere religioso espresso dalle tante confrerie religiose dovranno fare i conti a partire da oggi.
Il vento del cambiamento è arrivato. Qui tutti sperano che sia capace di continuare a soffiare ancora per realizzare un nuovo e diverso Senegal.
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