L’autobiografia del giovane Cesare

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Cesare ha raccontato molte vicende militari e politiche parlando di sé in terza persona. Era un metodo narrativo e storiografico – una storiografia del presente – che gli permetteva di essere oggettivo nella descrizione dei fatti, delle persone, dei luoghi come se l’autore della scrittura fosse un’altra persona rispetto al protagonista. Questo metodo non affievoliva la passione e i sentimenti dell’autore ma gli lasciava margini di indifferenza, di distacco, di spietatezza che ben si adattavano alla sua personalità  di uomo di potere, al suo orgoglio di appartenente a una casta politica e sociale (suo padre era pretore e la zia era moglie di Gaio Mario), doti che egli utilizzò ampiamente dalle prime esperienze militari in Asia Minore (aveva venti anni) alle ore decisive del 10-11 gennaio 49 quando ruppe i rapporti con il senato, che temeva la sua ascesa politica e varcò il Rubicone. L’evento è il culmine di dieci anni di crisi politica a Roma, di lotte interne, di violenze pubbliche e private, di dissidi tra i vari capi, di scontri tra amici poi nemici come Crasso e Pompeo (che intanto sposa la figlia di Cesare, Giulia), di congiure pericolose (non si seppe mai se appoggiò o no Catilina) che nel 49 culmineranno con il dado è tratto e con l’inizio a Roma di una pesante guerra civile. Cesare fu dunque precoce in tutto. Nel 49 aveva cinquantuno anno ma con alle spalle trenta anni di attività  politica, di incarichi pubblici, di imprese militari dalla Gallia alla Germania alla Britannia alla Spagna alla Siria, intrighi elettorali, amori e odi. Fu tribuno militare, senatore, edile curule (quest’incarico che prevedeva tra l’altro i grandiosi giochi gladiatori lo rese popolarissimo), pretore, governatore della Spagna, console. Dopo il Rubicone sarà  nominato dittatore per dieci anni consecutivi, console per altre quattro volte, sterminatore di Pompeo, amante di Cleopatra. Ma intanto il giovane Cesare è l’indiscusso protagonista di realtà  romanzesche che possono essere ricostruite meglio da uno scrittore che da uno storico. La terza persona dei suoi racconti ne è la prova. E solo uno scrittore come l’insigne studioso della classicità  Rex Warner, poeta, romanziere, traduttore poteva assumersi il compito di passare dalla terza alla prima persona e di scrivere una “autobiografia” di Cesare con tutti i risvolti ideologici e psicologici e con tutta la lucidità  di un capo, come provano i documenti storici. Il romanzo storico di Warner The Young Caesar, apparso a Londra nel 1958, resta dunque un unicum ed appare ora in una piacevole traduzione italiana di Attilio Velardi (Castelvecchi, pagg. 380, euro 17,50). 
Lo scrittore (e non solo lo statista e il generale) Cesare aveva bisogno di uno scrittore per essere pienamente capito in tutte le pieghe e i risvolti delle sue incredibili imprese che lo porteranno alla svolta decisiva del Rubicone, cioè alla rottura definitiva con tutto il potere di Roma in nome di un progetto di dominio assoluto su Roma. I cinque anni che seguiranno confermano la complessità  politica di questo progetto, ma il romanzo di Warner si ferma solo al 49 e Warner immagina che alla vigilia delle Idi di marzo Cesare rifletta su di sé proprio nei termini autobiografici di questo racconto. Il libro è dunque una singolare operazione narrativa che affida il giudizio storico su Cesare a Cesare stesso («Spesso Cesare si preoccupò di giustificarsi, anche se non era abituato all’autocritica… Egli sapeva di essere grande, anche se tale consapevolezza pare gli sia venuta gradualmente; prima di morire, pertanto, possiamo immaginare che riflettesse sulla vita…»). L’operazione ebbe successo. Dieci anni prima di Warner, nel 1949, anche Bertolt Brecht aveva pensato di avvicinarsi a Cesare con strumenti analoghi a quello di Warner, scrivendo il romanzo Gli affari del signor Giulio Cesare, ma non riuscì a portarlo al termine. Brecht voleva giudicare moralmente e politicamente Cesare immaginando l’esistenza di un diario segreto del suo segretario. Ma non capì che di Cesare avrebbe veramente potuto parlare solo Cesare o un finto Cesare, mai un suo segretario.


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