La trappola dei tassi a breve termine
Era dalla fine di giugno 2010, prima della fragile ripresa che si era registrata tra l’autunno e la primavera del 2011, che i tassi a breve non scendevano a livelli così bassi. Se da una parte la notizia appare positiva per il naturale allentamento sul costo delle rate, dall’altra il costo dello spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi fermo ai 340 punti, rispetto ai 120 medi del 2010, si scaricherà sui nuovi mutui che andranno a essere erogati e sulla redditività delle banche che vedono profilarsi un nuovo serio ostacolo quando si devono finanziare sul mercato monetario europeo con questa differenza. La contrazione dei tassi va infatti a comprimere sia il margine d’intermediazione che il margine operativo lordo che rappresentano i principali capitoli reddituali. Una situazione che rischia di mettere nuovamente sotto pressione il settore bancario, già sfiancato dalle difficoltà che hanno accompagnato la crisi finanziaria in questi ultimi anni. Sembrano quindi corrette le azioni intraprese sia dalla Federal Riserve di Ben Bernanke che dalla Banca Centrale europea di Mario Draghi, nel garantire un extra lusso di liquidità con i piani di quantitative easing, per sostenere i relativi titoli di Stato sia americani che europei, mentre eccessiva appare la preoccupazione tedesca verso i pericoli dell’inflazione. In questa situazione la curva dei tassi di nuovo, che rimane sui minimi degli ultimi quarant’anni e con differenze di spread tra Paese e Paese, che rimangono alte, delinea un orizzonte ancora ostile alla crescita. Perdurando il rallentamento dell’economia il timore è che Francoforte debba nuovamente abbassare il tasso di sconto sotto il livello del punto percentuale e magari di doverlo fare abbastanza rapidamente, per anticipare nuove debolezze sul sistema economico e bancario, come hanno già fatto le altre banche centrali come la Federal Riserve scesa allo 0,25, la Bank of Japan allo 0,10, la Bank of England allo 0,50 e la Banca Svizzera allo 0,25.
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