La taglia perfetta in un algoritmo è la rivoluzione delle vendite sul web
Ma naturalmente a Internet: a chi se no? Anzi, per essere più precisi, a un algoritmo. Cioè a una di quelle formule matematiche che ormai controllano tutto il mondo visibile e invisibile: dalla posta di Google alla musica web di Pandora.
Il problema della taglia perfetta per la verità è vecchio come il mondo. Dai bazar dell’antico oriente ai negozi del web di oggi, il sorriso sapiente del commerciante dietro al bancone – vero o virtuale – è da sempre più seducente e misterioso di quello della Gioconda: “Le andrà benissimo!”. E quanti regali all’amata/amato abbiamo sbagliato perché la taglia non era giusta? Hai voglia a tirar fuori dal portafoglio quel bigliettino più usurato di una banconota con tutte le misure appuntate per bene: la taglia delle scarpe e quella della giacca, quella per la camiciola e quella per le mutande.
Perché non funzionava mai? Prima di tutto perché il caos è colpa della moltiplicazione delle marche. Quello che è “small” per qualche stilista è “large” per un altro e via di seguito. La 36 di un marchio è la 38 di un altro. Non solo: un’inchiesta di qualche tempo fa ha svelato che molti brand tendono a segnare come “piccolo” quello che è “grande” solo per sedurre i consumatori più vezzosi. E poi c’è quell’altro problemino di traduzione. Ci vorrebbe un accordo come quello che un secolo e mezzo fa portò all’istituzione del metro custodito a Sevres per fare ordine: ma tra Europa e America non c’è accordo neppure sull’unità di misura – e figuriamoci dunque sulla classificazione delle taglie.
Il boom di Internet ha moltiplicato i problemi. L’esplosione del commercio online ci ha privati anche dell’ultima arma che ci era rimasta per resistere alle lusinghe dell'”andrà bene!”: il camerino.
Dobbiamo così all’ingordigia dei businessman del web se il problema è stato finalmente risolto. Dal 20 al 40 per cento degli acquisti fatti online venivano finora rimandati indietro: perché la taglia che abbiamo indicato non è quella che ci va bene veramente. L’invenzione che secondo il Wall Street Journal ci renderà finalmente giustizia si chiama non a caso True Fit: taglia vera. L’algoritmo è stato lanciato in via sperimentale nei più grandi magazzini virtuali d’America: da Macy’s in giù. E per adesso è riservato per la verità alle sole signore. E come funziona? Semplice: si arricchisce attraverso i nostri errori. Avete presente come Amazon o Google affinano le nostre ricerche sulla base delle nostre richieste? O come la radio Pandora ci propone la musica che ci piace basandosi appunto sui nostri ascolti precedenti? L’algoritmo di True Fit indaga tra i nostri acquisti web e confronta per esempio i capi rimandati indietro con le tabelle delle misure dei vari stilisti. Il trucco è nella montagna di dati: e nel poter spaziare tra gli acquisti di più magazzini virtuali.
Gli esperti dicono che questa diavoleria è già in grado di predire con precisione la taglia di 350 marchi di tutto il mondo. E da quando è stato introdotto ha ridotto il numero dei prodotti rimandati indietro del 50 per cento: praticamente dimezzando la possibilità di errore. Il servizio prevede anche una specie di questionario introduttivo: dove indichiamo tutte le nostre misure e tutte le nostre taglie. Poi il computer ottiene una sorta di media e – soprattutto – tiene conto dell’evoluzione degli acquisti nel tempo. Che non è cosa da poco.
Sapete chi è il più grande nemico della taglia perfetta? Il fanciullino che è in noi. E che ci spinge a mentire a noi stessi impuntandoci sulla taglia invariabilmente più piccola: malgrado quel pizzico di grasso in più.
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