La nuova moda nazionale

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Le liste “civiche” hanno una storia lunga, in Italia. Nella Prima Repubblica sono state utilizzate alle elezioni amministrative. Da leader e gruppi locali per sottrarsi alle appartenenze di “partito”. Oppure, al contrario, promosse proprio dai partiti maggiori. Nei comuni più piccoli: per sfruttare il sistema maggioritario, eleggendo oltre ai consiglieri di maggioranza, anche quelli dell’opposizione. Ma, a volte, anche in quelli più grandi, per dare un’identità  cittadina, cioè: “civica”, al partito dominante. Oggi, però, le “liste civiche” conoscono un successo, del tutto particolare. Soprattutto e anzitutto, di nuovo, alle elezioni amministrative. Almeno dal 1993. Da quando è entrata in vigore la legge che stabilisce l’elezione diretta del Sindaco. Da allora, infatti, i candidati Sindaci – soprattutto se in carica – hanno valorizzato e sfruttato la loro capacità  di attrazione promuovendo “liste personali”. Le “liste del sindaco”, appunto. Utilizzate, talora, anche a livello regionale e provinciale. Le “liste del Presidente”. I partiti nazionali vi si sono adeguati, in modo più o meno convinto. Facendo di necessità  virtù hanno accostato le loro liste a quelle del candidato. Oppure hanno cercato di de-partitizzare la loro identità  rendendola più aderente al territorio. Limitandosi, perlopiù, ad accostare al marchio del partito il nome della città , regione oppure area in cui si presentano. Liste civiche fittizie, insomma. Partiti nazionali mascherati. 
Da qualche tempo, però, le liste civiche sono divenute “tendenza di moda”. In ambito locale, vengono promosse dai leader per marcare le distanze dal partito. Per rivendicare la propria autonomia personale. Come ha fatto Flavio Tosi a Verona. Oppure, per sperimentare soluzioni e alleanze inedite, che superino i confini degli schieramenti oltre che dei partiti. Ma le Liste civiche stanno conoscendo una certa popolarità  anche in ambito nazionale. Almeno come ipotesi. Prospettiva. Minaccia. Vi ha fatto riferimento, in modo esplicito, Silvio Berlusconi, alla ricerca di un marchio e di un prodotto nuovo e diverso da lanciare sul mercato elettorale. Ma se ne parla, da qualche tempo, anche per dare rappresentanza alla grande popolarità  di cui gode il governo tecnico e soprattutto il premier, Mario Monti. I sondaggi ipotizzano, infatti, che una lista riferita direttamente al Premier potrebbe raccogliere oltre il 20% dei voti. Un terzo dei quali intercettati da coloro che attualmente non si esprimono, perché non si sentono rappresentati dall’attuale offerta politica. Dagli attuali partiti. Il che chiarisce i caratteri e i confini della spinta verso le liste “civiche” in questa fase. Riflette, principalmente, due componenti. Da un lato, rispecchia l’insofferenza verso gli attuali partiti, distanti dalla società . Verso la malattia oligarchica che li affligge. Dall’altro, intercetta e rende visibile uno spazio effettivamente non rappresentato dai partiti –tradizionali e nuovi – né dai valori e dalle distinzioni che essi propongono. Destra e sinistra. Berlusconismo e antiberlusconismo. Vecchio e nuovo. Perfino Nord e Sud. Infine, l’interesse sollevato dalle liste civiche riflette l’importanza assunta, negli ultimi vent’anni, dalla “personalizzazione”. Le Liste civiche, cioè, evocano la relazione tra le “persone” che si rivolgono “direttamente” a una “persona”. 
Conseguenza del clima populista diffuso ovunque. Senza distinzioni di appartenenza – politica e sociale. Ma al tempo stesso segno della domanda di rinnovamento (della politica e della democrazia). Da troppo tempo annunciato. Da troppo tempo deluso.


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