La mamma spiega al figlio che il papà è morto Lui: gli hanno sparato, vero?
Gli hanno risparmiato di averne consapevolezza per una notte, la prima, quella che sua mamma Nunzia ha passato piangendo silenziosamente dopo essere riuscita a sorridergli fin quando non lo ha visto addormentato. Ieri sera gli hanno risparmiato il viaggio in auto fino a Roma, per evitargli oggi il rito dell’accoglienza della bara avvolta nel tricolore e poi quello del funerale militare.
Ma la verità no, la verità nessuno poteva risparmiargliela, anche se ha soltanto otto anni. Anzi, proprio perché ha otto anni, che sono pochissimi per non avere più il papà , ma già abbastanza per cogliere parole che possono sempre sfuggire da qualche parte — una radio a volume alto, una pillola di tg infilata tra gli spot pubblicitari di un qualsiasi programma tv — o per interpretare i silenzi di chi c’è attorno, quando sono silenzi di dolore.
Nunzia è una donna giovane e distrutta, ma capace, pure in un momento così, di mantenere la lucidità per proteggere il suo bambino dal rischio di venire a conoscenza della verità nel modo peggiore possibile, e di farsi carico di trovare le parole per raccontargli cosa è successo al sergente Michele Silvestri, suo padre. L’ha aiutata una psicologa dell’Esercito, il tenente Claudia Marino, con la quale Nunzia è rimasta a parlare a lungo mentre il figlio ancora dormiva. Le è stata accanto, le ha dato consigli e indicazioni, suggerito cautele e metodo di approccio. Ma quando poi Nunzia si è seduta vicino vicino ad Antonio e ha cominciato a spiegargli le cose, il bambino vedeva e ascoltava solo la mamma, e lei in quel momento è stata veramente sola. «Ma bravissima», spiegherà poi il tenente Marino, sottolineando come la donna sia stata capace di assolvere al meglio a un compito così difficile.
Questione di amore e sensibilità di mamma, ovviamente. E quanto amore e sensibilità di figlio c’è invece nelle parole che Antonio ha tirato fuori dopo aver saputo. Ha ascoltato in silenzio, ma poi ha cominciato a far domande. Ne avrà ancora migliaia da fare su suo padre, ma le prime fanno stringere la gola. «Mamma gli hanno sparato, è vero?». «Mamma, ma non è che papà ha perso un braccio?». I bambini fanno così: spiazzano. E un bambino abituato a parlare con suo padre attraverso la webcam di un pc, e a non vederlo per mesi, e magari anche a sapere che dove sta il papà c’è una guerra, è forse normale che spiazzi ancora di più.
Ma sempre un bambino resta. E allora è normale anche che sua mamma voglia evitargli i momenti peggiori, per quanto possibile. Perciò Antonio non ci sarà oggi a Ciampino quando atterrerà l’aereo che riporta in Italia il corpo di suo padre. Nunzia ha pensato a come potranno reagire, in quel momento così difficile, i genitori di Michele e i suoi, e ha deciso di risparmiare ad Antonio questa rappresentazione del dolore. Forse parteciperà al rito funebre che si terrà domani a Monte di Procida, ma nemmeno questo è già deciso. Per il papà del sergente hanno invece deciso i medici, o almeno gliel’hanno consigliato con particolare fermezza di risparmiarsi questa sofferenza. Ieri l’uomo — che ha lo stesso nome del nipotino — ha avuto un malore, ed è stato anche ricoverato per qualche ora in ospedale. Poi è tornato a casa, ma ha accettato di non sottoporsi allo stress del viaggio a Roma e soprattutto di quello che avrebbe comportato. Anche Nunzia ha accettato un consiglio, stavolta degli ufficiali che le stanno accanto da sabato: non farà il riconoscimento del marito, rinuncerà a vederlo un’ultima volta, per non dover vedere anche gli effetti sul suo corpo dell’agguato a colpi di mortaio. Ha detto «sì, meglio ricordarlo come era», ma è stata un’altra decisione difficile.
«I momenti veramente difficili verranno dopo, quando si spegneranno i riflettori. E soprattutto allora sarà importante il nostro contributo, se i familiari del sergente vorranno», spiega il tenente Marino. Sicuramente, invece, Antonio sarà seguito dall’Esercito fino alla laurea. Ma quella è assistenza materiale: utilissima, ma un’altra cosa.
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