La lettera di Paolo ai familiari “Vi amo, spero di rivedervi”

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BHUBANESWAR (Orissa) – «Caro papà  e cara Vanna vi voglio molto bene, anche se non sempre ve l’ho dimostrato. Vi scrivo mentre sono prigioniero di un gruppo di guerriglieri». Sequestrato dai sanguinari ribelli maosti insieme a Claudio Colangelo nella giungla del Daringibadi, Paolo Bosusco è riuscito a far arrivare una lettera dolcissima e agghiacciante all’anziano papà  e alla sorella Vanna, che trepidano in Italia per la sua sorte: «Se mi libereranno ci rivedremo presto, ma se dovesse succedermi qualcosa vi voglio dare un grande abbraccio d’amore. Quando sarà  tutto finito…». 
E’ una lettera testamento firmata prima in stampatello e poi in corsivo, un messaggio nella bottiglia affidato al destino da un uomo che sente la fine terribilmente vicina. È insieme una dichiarazione d’amore ai familiari, che teme di non poter più vedere, e una disposizione precisa su come dividere ciò che di materiale potrebbe dover lasciare per sempre. Un affidavit che ha percorso centinaia di chilometri dalla foresta sulle montagne fino alle spiagge ventose dell’Orissa, ed è approdato alla nostra ambasciata a Calcutta diretto alla famiglia. 
Paolo, la guida turistica che da tanti anni viveva a Puri, la città  dei templi sulla costa orientale dell’India, quella breve lettera l’ha composta con la consapevolezza di avere giusto il tempo per scrivere poche righe: ha affidato due paginette su un foglio di bloc notes, al cuoco indiano che stava per essere liberato dai maoisti insieme all’autista, chiedendogli di farle arrivare in Italia ai suoi parenti. Il cuoco Santogh, anche lui nominato nel testamento con cui si chiude il messaggio, appena è riuscito a rientrare a Puri ha provato a consegnare la lettera alla polizia indiana ma poi ha optato per un amico italiano di Bosusco, Alfredo Rombola, un hare krishna altoatesino che da molti anni vive e ha messo su casa e famiglia a Puri, dove è conosciutissimo come “Arjuna Das”. Lui a sua volta l’ha affidata al nostro console a Calcutta, Joel Melchiori.
Slitta di giorno in giorno, intanto, la liberazione del primo dei due italiani: presumibilmente Claudio Colangelo, debilitato dalle lunghe marce quotidiane e dall’acqua salmastra che sono costretti a bere quando i ribelli non trovano fonti e non riescono a fare provviste di minerale. A Bhubaneswar, la capitale dell’Orissa, il negoziato tra la delegazione maoista e quella governativa continua con generiche dichiarazioni di “soddisfazione” ma senza alcun concreto passo avanti. Alcuni giornalisti indiani, tra cui il cronista televisivo con il quale il leader maoista Panda è in contatto diretto, sono da due giorni a Daringibadi in attesa di essere convocati in qualche modo nella foresta, presumibilmente per prendere in consegna il primo ostaggio liberato. Per ore, ieri, i loro cellulari sono squillati a vuoto, ma a negoziato sospeso fino a stamattina, intorno alle 19 ora locale si è saputo che i maoisti hanno deciso di non liberare nessuno: attenderanno le conclusioni della mediazione politica, che secondo la delegazione maoista potrebbe arrivare già  stasera.


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