La guida e il ricercatore in pensione due sognatori dalla parte dei più poveri

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ROMA – «Come la vedete voi questa storia? Come finirà ?» chiede Azelio Bosusco, classe 1923, con la voce che diventa sempre più flebile, sopraffatta dall’emozione. È il tardo pomeriggio di ieri e il padre di Paolo Bosusco, 54 anni, rapito nel distretto centrale di Kandhamal, in India, dalla guerriglia maoista, appare sul cancello della casa del fratello Ubaldo, a San Didero. Porge la mano con grande cortesia e dice: «Non posso dire molto. L’unità  di crisi del ministero ci ha consigliato di parlare il meno possibile. Non so che cosa è successo laggiù anche se in questi anni ci sono stato spesso. Sono tornato da lì appena due mesi fa. Mi era sembrato un posto tranquillo, abitato da gente cordiale e pacifica anche se poverissima». Del rapimento del figlio, Azelio Bosusco ha saputo nelle prime ore del mattino. 
Alle nove il fratello più giovane Ubaldo e la nipote Rossella lo hanno portato a casa loro, a San Didero. E lì ieri si è radunata tutta la famiglia Bosusco per affrontare queste ore d’ansia. «Non riusciamo a capire che cosa possa essere successo – ha dichiarato lo zio di Paolo -. Da vent’anni Paolo vive praticamente in India. È sempre stato affascinato da quel paese. Ne conosce bene gli usi e la cultura. Al punto che ha persino imparato a suonare il sitar, la chitarra locale. Parla cinque lingue e due dialetti locali, quindi è sempre stato ben attento a non urtare la suscettibilità  indiana mostrando profondo rispetto per le loro tradizioni e i loro costumi. Ha avuto e ha un profondo amore per l’India tanto da non volere legami in Italia se non con la sua famiglia. Due anni fa aveva addirittura accarezzato l’idea di sposarsi con una ragazza conosciuta in quel distretto».
Stesse ore di angoscia a Rocca di Papa, un paese alle porte di Roma, dove Claudio Colangelo vive con la moglie. Nella villetta color ocra la figlia Valeria, 32 anni, ieri ha ricevuto in tarda mattinata solo il sindaco, Pasquale Boccia. «Ho portato l’affetto della città , e aspettiamo tutti che quel filo di speranza ci riporti Claudio in Italia. Ho visto lo smarrimento negli occhi della figlia che mi ha chiesto di riferire che la famiglia non se la sente di parlare e attende notizie chiusa nelle mura domestiche. Ci sono trattative importanti ed è meglio non parlare». Claudio Colangelo, 61 anni, viene descritto da tutti come «una persona eccezionale», apprezzato da chiunque lo abbia incontrato per il suo impegno in favore dei poveri e dei meno fortunati. Viaggiare è la sua passione. Ancora di più unire il viaggio ad un impegno di solidarietà . Per questo Colangelo, ex impiegato in un istituto di ricerca a Roma e ora in pensione, si è impegnato, negli anni, in vari progetti di volontariato internazionale, a fianco dei medici a cui forniva attività  di supporto. E proprio in un resoconto sulla sua esperienza durante il progetto «Amazon Promise» in Perù si descrive come un «pioniere mancato». Allora era impegnato in una spedizione medica nell’Amazzonia peruviana svolta per «l’Istituto internazionale di scienze mediche antropologiche e sociali». E’ stata in questa circostanza che ha avuto modo di collaborare con l’attuale direttore generale dell’ospedale San Camillo, Aldo Morrone, che così lo racconta. «È un viaggiatore instancabile, che lavora per dare speranza, salute e dignità  alle persone che vivono nei principali paesi in via di sviluppo, soprattutto India e America Latina. Credo che anche in India sia andato con questo scopo». Il volontario, che ha una figlia di 32 anni, Valeria, e un figlio di 35 anni, Daniele, si era rivolto a Bosusco per il viaggio in India proprio per la sua passione per la cultura delle tribù primitive.


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