by Editore | 19 Marzo 2012 7:19
Pubblichiamo un brano tratto dal libro “In marcia con i ribelli” appena edito in Italia da Guanda
Le forze che si contrappongono nella foresta sono diverse e diseguali sotto ogni aspetto. Da una parte c’è un imponente apparato militare armato di denaro, potenza di fuoco, appoggio dei media e della tracotanza di una Superpotenza emergente. Dall’altra, comuni abitanti dei villaggi con armi tradizionali, sostenuti da una forza guerrigliera maoista organizzatissima e fortemente motivata, con una storia straordinaria e violenta di rivolta armata. I maoisti e i paramilitari sono avversari di lunga data, che si sono combattuti diverse altre volte in precedenti incarnazioni: a Telengana negli anni Cinquanta, nel Bengala Occidentale, nel Bihar, a Srikakulam nell’Andra Pradesh alla fine degli anni Sessanta e Settanta, poi ancora in Andra Pradesh, Bihar e Maharasthra dagli anni Ottanta ininterrottamente fino ai giorni nostri. Conoscono bene le rispettive tattiche e l’uno ha studiato con attenzione i manuali di combattimento dell’altro. Ogni volta sembrava che i maoisti (o le loro precedenti incarnazioni) non solo fossero stati sconfitti, ma letteralmente e fisicamente sterminati. Ogni volta sono riemersi, più organizzati, determinati e influenti che mai. Oggi, di nuovo, l’insurrezione si è propagata attraverso le foreste ricche di minerali di Chattisgarh, Jharkhand, Orissa e Bengala Occidentale, dimora di milioni di persone appartenenti alle popolazioni tribali indiane: il paese di bengodi delle multinazionali.
È più facile per la coscienza liberal credere che la guerra nelle foreste sia una guerra tra governo indiano e maoisti, i quali considerano le elezioni una truffa, il parlamento una porcilaia e hanno dichiarato apertamente la loro intenzione di rovesciare lo stato indiano. È comodo dimenticare che le popolazioni tribali dell’India centrale hanno una storia di resistenza che precede Mao di secoli… Gli Ho, gli Oraon, i Kol, i Santhal, i Munda e i Gond si sono tutti ribellati in diverse occasioni, contro gli inglesi, contro i latifondisti, gli zamindar, e contro gli usurai. Le rivolte vennero stroncate senza pietà , mietendo molte migliaia di vittime, ma i popoli non vennero mai sconfitti. Anche dopo l’Indipendenza, le popolazioni tribali sono state il cuore della prima insurrezione che si possa definire maoista, nel villaggio di Naxalbari nel Bengala Occidentale (da cui deriva la parola «naxaliti», ormai intercambiabile con «maoisti»). Da allora la politica naxalita è stata inestricabilmente aggrovigliata alle rivolte tribali, il che la dice lunga sulle popolazioni tribali quanto sui naxaliti. Questa tradizione di rivolte ha lasciato dietro di sé una popolazione furibonda, deliberatamente isolata ed emarginata dal governo indiano…
Quando un paese che si definisce una democrazia dichiara apertamente guerra all’interno dei propri confini, che aspetto assume la guerra? La resistenza ha qualche possibilità ? Dovrebbe averla? Chi sono i maoisti? Solo violenti nichilisti che propinano alle popolazioni tribali un’ideologia superata, spronandole a intraprendere un’insurrezione senza speranza? Che lezioni hanno imparato dalle esperienze passate? la lotta armata è intrinsecamente antidemocratica?
Traduzione
di Giovanni Garbellini
2012 Ugo Guanda
Editore S.p.a
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