La Grande Unipol non scalda la Borsa
MILANO – «Se non c’è intesa sui concambi l’operazione non è di interesse per Unipol. Le minoranze di Fondiaria Sai e Milano conteranno meno del 40%». Con queste gelide parole Carlo Cimbri, ad di Unipol, ha stroncato la domanda dell’analista Atanasio Pantarrotas che chiedeva se il mercato nella Grande Unipol in via di formazione peserà almeno per il 40% sul totale. Cimbri ha detto che i concambi li proporranno i consulenti ma se non coincideranno con quelli che lui ha in testa non se ne farà niente. L’atteggiamento poco generoso nei confronti degli azionisti di minoranza è comunque solo uno dei motivi che spiegano come mai la Borsa non si è scaldata per la presentazione di Cimbri della Grande Unipol (Fonsai meno 1,02% e Unipol più 0,7%). Anche i numeri “industriali” forniti dal manager non pare abbiano convinto più di tanto, a leggere i commenti rilasciati a caldo dagli analisti. «270 + 210=970?» titola il report di Exane Bnp Paribas per dire che la stima di 970 milioni di utile netto del nuovo gruppo al 2015 non si capisce come venga fuori poiché Unipol e Fonsai separatamente hanno proiettato i loro utili rispettivamente a 270 e 210 milioni. Stesso orientamento per gli analisti di Cheuvreux che titolano: «Troppo aggressivi, come al solito» e nello studio si fa notare come la stima di 335 milioni di sinergie appare troppo ambiziosa essendo pari al 23% della base di costi complessiva. Inoltre gli analisti fanno notare come Cimbri non abbia calcolato alcuna dismissione dovuta a problemi antitrust poiché prevede di scendere al 30% di quota di mercato in ogni provincia dove la compagnia sarà presente.
Alla conference call è intervenuto brevemente anche il presidente di Unipol Piergiorgio Stefanini il quale ha assicurato il grande supporto all’operazione da parte dei soci, in particolare la holding Finsoe che ieri pomeriggio ha deliberato un aumento di capitale da 300 milioni. Ma la strada verso la conclusione dell’operazione appare ancora lunga. Lo stesso Cimbri ha precisato che i dati forniti al mercato sono frutto di elaborazioni compiute dalla sola Unipol senza confronto con il management Fonsai. Prima della partenza degli aumenti di capitale, previsto per maggio, dovrà quindi essere elaborato un vero piano industriale. Ma nello stesso tempo gli aumenti non possono partire se prima non arrivano i via libera delle autorità di vigilanza, Consob in primis. E poi toccherà all’Antitrust esprimersi.
Sul delicato tema dell’esenzione dall’obbligo di Opa Cimbri ha detto che la richiesta fatta da Unipol si basa sul presupposto che l’Isvap ha decretato lo stato di crisi di Fonsai. Ma in queste ore sta sorgendo un problema di non poco conto. Il cda di Fonsai e l’assemblea di lunedì delibereranno un aumento di capitale da 1,1 miliardi “stand alone”, cioè indipendente dall’operazione Unipol che deve ricevere diverse autorizzazioni. Se così sarà diventa difficile per la Consob esentare dall’Opa Unipol in quanto Fonsai con il suo aumento non risulterebbe più in stato di crisi e non dovrebbe più essere salvata da Unipol. Temi su cui i legali dei vari gruppi si stanno esercitando e rappresenteranno il piatto forte dell’assemblea. Per esempio con un aumento di capitale stand alone anche l’8% di azioni posseduto dalle finanziarie Sator e Palladio potrà votare favorevolmente così come bisognerà vedere quale sarà la quota del mercato che parteciperà all’assemblea e come voterà . Il rapporto tra Fonsai e gli investitori non è certo dei più sereni come dimostra la performance del titolo negli ultimi anni (meno 79% dal dicembre 2009).
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