La garanzia del leghista Boni «L’architetto è uomo nostro»

by Editore | 8 Marzo 2012 9:01

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MILANO — Il problema, nel mondo dei politici e dei loro professionisti di riferimento nell’urbanistica degli enti locali, alla fine è sempre e solo uno: riconoscere chi è dei «nostri». E così quando Marco Paoletti, cioè il leghista ex assessore comunale di Cassano d’Adda e poi consigliere della Provincia di Milano, vede spopolare per ogni progetto e per qualunque incarico l’architetto Michele Ugliola, sapendolo vicino al Pdl ha subito il riflesso classico e cerca lumi nel suo partito: ma davvero Ugliola è dei «nostri»? Sì che lo è, lo rassicurano prima il big leghista Davide Boni e il capo della sua segreteria Dario Ghezzi in un incontro, e poi — a detta sempre di Paoletti — in un secondo incontro il solo Ghezzi.
Garanzie di «padanità » d’area circa Ugliola, agli occhi degli imprenditori che sborsavano soldi, secondo la prospettazione dell’accusa sarebbero arrivate anche dal rapporto con un’avvocatessa brianzola amica di vecchia data dell’architetto acchiappa-incarichi e come lui innamorata dell’Egitto (dove hanno entrambi casa seppure in due località  diverse), Monica Casiraghi, ex vicesindaco leghista di Lissone, candidata nel 2006 al Senato per il Carroccio e moglie di un ex pm della Procura di Monza poi passato a lavorare presso l’Ispettorato del ministero della Giustizia: nella permanente copertura di molti dei verbali con omissis, si comprende solo che è coindagata per l’ipotesi di corruzione insieme a Ugliola e all’imprenditore veneto Francesco Monastero, non anche quale sia l’esatta sua condotta che al momento l’accomuna alla sorte giudiziaria degli altri due.
Fatto sta che anche da questa figura, come dagli incontri con Boni e Ghezzi messi a verbale da Paoletti, i pm Alfredo Robledo e Paolo Filippini traggono elementi per ritenere fondata, e non frutto solo di millanterie (che pure non devono essere mancate nel disinvolto rapporto tra l’architetto plurindagato e gli imprenditori che gli affidavano soldi con la prospettiva di dover oliare alcuni ingranaggi in Regione), le dichiarazioni di Ugliola più pesanti: e cioè quelle di aver consegnato due volte a Ghezzi in contanti complessivamente circa 300.000 euro, destinati all’allora assessore regionale all’Urbanistica e attuale presidente leghista del consiglio regionale lombardo, e provenienti a dire di Ugliola in parte da stanziamenti dell’immobiliarista Luigi Zunino in relazione ai progetti di Santa Giulia a Milano ed ex area Falck a Sesto San Giovanni, e in parte da Monastero per il piano di un centro commerciale in provincia di Pavia. Soldi che il cognato di Ugliola, Leuci, dice di aver contribuito a raggranellare e che, pur non avendo visto consegnare, di sponda sostiene siano stati in un’occasione nascosti dentro custodie di cd al posto delle più tradizionali buste. 
Interpellati dal Corriere, mentre lo studio legale di Casiraghi riferisce che l’avvocato per impegni professionali fittissimi non è disponibile a essere rintracciata entro la serata di ieri, Monastero smentisce tutte le accuse e anzi contrattacca: «Ugliola usa noi e ci accusa per tirarsi fuori dai suoi guai». L’imprenditore spiega di avergli «fatto causa in sede civile per avere la restituzione di parte dei soldi» anticipatigli per incarichi «che parzialmente non ha eseguito, e lo possono dimostrare molti testimoni»; e aggiunge che il progetto pavese è rimasto fermo, al punto che «la pratica per il centro nel Comune di Albuzzano a un certo momento è sparita, dicono che l’hanno persa, e allora ho fatto una denuncia alla Procura di Pavia. Altro che favori».
Pur con tutte le incognite degli interrogatori segretati, sembra confermarsi anche che il milione di euro sia dimensione non dei soldi effettivamente consegnati secondo l’accusatore Ugliola, ma degli accordi che a parole Ugliola dice di aver preso con imprenditori e politici per futuribili tangenti (una quindicina gli indagati tra i vecchi e i nuovi). Così come al momento non risultano effettive destinazioni di tangenti, o un loro diretto utilizzo, per la Lega in quanto partito. Per ora il riferimento più vicino riguarda un filo dei 20.000 euro che l’assessore leghista a Cassano, Paoletti, ammette di aver sbagliato ad accettare nella busta datagli da Ugliola. Con quei soldi Paoletti espone a Ghezzi il desiderio di partecipare a una campagna elettorale di Boni, ma Ghezzi avrebbe declinato il proposito, chiedendo a Paoletti di concentrarsi sulla raccolta di voti alle elezioni e per il resto confermandogli invece che ai soldi avrebbe continuato a pensare Ugliola: così, non più di un migliaio di euro sarebbe andato in rimborsi di spese del partito.
In Procura sembrano più interessati alle analogie che le ultime indagini, da Nicoli Cristiani a Ponzoni e ora Boni, suggerirebbero: in particolare su un doppio livello di spesa che, in un ambito politico marcato da Pdl-Lega, gli imprenditori avrebbero affrontato in parte pagando esponenti politici per avere garanzie sui via libera politici ai progetti, e in parte remunerando altri politici ma allo scopo di garantirsi l’aiuto dei tecnici non meno cruciali per l’iter poi di una pratica urbanistica.

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