by Editore | 1 Marzo 2012 11:39
Il più semplice e concreto riguarda l’economia: in questa «era della globalizzazione», è nato il mercato «globale»; nel senso che non ci sono più specializzazioni. Non più l’Occidente avanzato che produce idee, scienza, tecnologia, e macchinari da esportare, e tutti gli altri «in via di sviluppo» che offrono soprattutto materie prime. Oggi tutti fanno tutto, producono tutto, investono, comprano e vendono dappertutto. Il mondo, ripetiamolo, è tutto Occidente. Questa la realtà del quadro economico globale.
Ma globalizzazione vuol anche dire mercato mondiale delle idee. E questo pone alle grandi religioni problemi nuovi. Le grandi religioni, soprattutto il cristianesimo con le sue radici ebraiche e l’islamismo con le sue radici ebraico-cristiane, propongono, per loro natura, a tutti i popoli verità universali. In passato hanno anche cercato di imporle con la forza a chi non le riconosceva come tali, e l’uso della violenza per diffondere e difendere ciascuna il proprio credo non è del tutto passato di moda. Anzi, la nascita di un mercato globale delle idee, mentre offre loro un nuovo illimitato campo d’azione, è anche una sfida, proponendo nuovi confronti e conflitti fra di loro.
Beninteso, non è soltanto nelle religioni il seme oscuro della violenza. Anzi, nelle religioni è anche il seme dell’amore universale. Se il Novecento è stato il secolo dei grandi massacri non è stato per colpa di nessuna delle grandi religioni: ma di religioni laiche, che tali erano fascismo, nazismo, comunismo, più spietate di quanto fossero mai state le religioni storiche, con la loro fede in una divinità suprema. Tutto sommato, anche se dobbiamo a loro molte guerre, molto sangue sparso, hanno avuto anche, e oggi forse più che mai continuano ad avere, una funzione determinante nel «civilizzare» il mondo. Sono state portatrici, e forse lo sono oggi ancor più che in passato, di grandi valori, capaci di confrontarsi con l’ideologia, anch’essa presente in tutto il mondo, dell’umanesimo laico, per sua natura tollerante ed aperto a tutte le idee, che ha del resto una buona parte delle sue radici nelle grandi visioni del pensiero religioso.
Ma la società globale pone anche le grandi religioni a confronto diretto l’una con l’altra in tutti i continenti, come non è mai accaduto prima. Afghanistan, Pakistan o Indonesia sono società geograficamente remote, per il cristianesimo come per l’islamismo delle origini. Oggi comunità che si ispirano all’una o all’altra religione vi si trovano a confronto diretto, e il confronto è spesso violento. Bisogna pur dire che in verità , ai tempi nostri, a un cristianesimo più mite e tollerante di quanto sia mai stato in passato (e il merito va in buona parte al contagio e all’influenza delle tolleranti idealità liberali), si contrappone, in verità , un islamismo che sembra aver ritrovato, in alcune sue espressioni, l’intolleranza superba e la violenza di un lontano passato. E la novità sta nel fatto che teatro di questi scontri possono essere Paesi d’ogni continente, che la globalizzazione culturale ha reso vicini, anche se così lontani nel tempo e nello spazio.
Ma l’era nucleare in cui viviamo e vivremo non tollera conflitti: non solo conflitti d’interesse, o storico-politici, ma anche conflitti tra idealità e religioni diverse. Non possiamo permetterceli. È necessario capirsi, non odiarsi, se vogliamo sopravvivere. Così si spiega lo storico discorso d’apertura di Barack Obama, al Cairo, nei confronti dell’islamismo. Così si giustifica l’ansia con la quale un Papa come Benedetto XVI, pur non privo, per la sua formazione, di qualche antico pregiudizio, cerca con disperato impegno un dialogo col mondo, a cominciare dal dialogo con le altre religioni. Non sono mancati analoghi esempi di mano tesa all’Occidente cristiano da autorevoli esponenti islamici. Incontri fra le religioni non sono più l’eccezione.
Tuttavia, rimane la sensazione inquietante che ciò non basti, che occorrano più clamorosi e continui slanci di pace che insorgano e facciano sentire la voce dell’amore reciproco in incontri solenni fra chi parla a Dio con nomi diversi, e comuni categoriche condanne di chi traduce la propria fede in atti d’odio e di violenza: queste sono ancora rare. Ma com’è difficile vivere in pace in questo mondo globale!
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