by Sergio Segio | 2 Marzo 2012 7:50
Un passo dell’ultimo libro di Serge Latouche – Per un’abbondanza frugale . Malintesi e controversie sulla decrescita, Bollati Boringhieri, pp. 150, euro 15 – merita una riflessione attenta: «La crescita del benessere è dunque la via maestra della decrescita, perché se si è felici si è meno soggetti alla propaganda televisiva e alla dipendenza dagli acquisti compulsivi». C’è dunque un bene-felicità che sfugge agli acquisti compulsivi indotti dalla propaganda e rappresenta la via maestra della decrescita, consentendo la «crescita del benessere». Crescita non è perciò una parola brutta in sé, come ci era sembrato di capire in altri scritti di Latouche, ma tutto dipende dal contesto. In termini generalissimi è la misura di qualche spostamento, o distanza, da un punto dal quale s’inizia a contare; proprio come è una misura, in direzione opposta, anche decrescita, la parola proibita per gli economisti più accademici, per i detentori della morale corrente. Essi non ammetteranno mai che decrescita possa essere altro che abominio.
Il libro di Latouche si propone come un riassunto del pensiero di decrescita, nell’intentodi dare risposta a due gruppi di domande cruciali. È facile capire che in realtà si tratta di un espediente per sviluppare l’intero materiale relativo alla discussione attuale su crescita-decrescita nel momento stesso di un’acuta crisi sociale e finanziaria. Così si elenca un buon numero di malintesi e si affrontano alcune controversie. Uno dei malintesi è che decrescita significhi per qualcuno ritorno alla candela; un altro è che decrescita sia uguale a disoccupazione. Le controversie hanno un respiro meno contingente: la decrescita implica una riduzione della popolazione? Oppure: la crescita è necessaria per eliminare la povertà nel Nord del pianeta? Il problema della miseria del Sud si può risolvere con la decrescita? Non meno interessanti sono i temi proposti in sette schede, del tipo: «Sull’antiproduttivismo di destra», oppure «Neomalthusianesimo e nuovi paesi industriali». Posto che la crescita di consumi e di scarti ci soffoca e che la natura da sfruttare così, è ormai esaurita, come si affronta una fase di transizione? Latouche suggerisce l’«Abbondanza frugale», ma sa bene che si tratta di un’utopia, un orizzonte di benessere cui indirizzare tutte le volontà , ma che è sempre più avanti, irraggiungibile.
Le parole sono traditrici. Cresce l’inquinamento e d’altro canto cresce anche un bambino. Cresce l’occupazione come pure la disoccupazione. Occorre un contenuto che dia senso alla parola e anche alla parola opposta. Vi è la crescita del Pil che non a tutti piace, ma tutti misurano, seppure non più allo stesso modo; e vi è quella del debito, che piace solo agli speculatori nemici del popolo perché essi vi scorgono prospettive di forte e selettiva accumulazione di denaro; vi è la crescita della produzione che i pensatori della decrescita temono e condannano, mentre gli altri la considerano essenziale, per tenere a galla il sistema. E vi è anche la crescita del benessere, indicata dalla frase citata all’inizio. Tutti sono d’accordo sul benessere, tranne i moralisti, discendenti da Calvino, cui il benessere popolare sembra peccato in sé. D’altro canto vi è la decrescita della piena del fiume o di una qualche epidemia, che tutti i sostenitori dell’economia tradizionale apprezzano, purché di buon senso e di buoni sentimenti, – e Latouche stesso, infine, losottolinea; e rivendica, come primo successo nel campo di Agramante, l’esistenza di una decrescita benvista da tutti. Infine impariamo che vi sono forme di decrescita che anche l’autore deplora, come quelle inerenti all’occupazione o alla speranza di vita. «È più che certo – dice poi Latouche – che senza economia della crescita, senza società dei consumi, non ci sarebbe socialdemocrazia. Il movimento socialista (partiti comunisti compresi) sarebbe stato condannato a fare la rivoluzione per strappare il proletariato alla miseria… Oggi però la crisi ecologica costringe a porsi di nuovo la questione della divisione di una torta che non può più, e non deve più, ingrandirsi. E costringe anche a interrogarsi sul contenuto della torta. In effetti la crescita si nutre delle contraddizioni del sistema. L’inquinamento, gli ingorghi, il tabagismo, l’alcolismo favoriscono la crescita». Una volta stabilito che il pensiero economico e sociale è duplice e che quelli della decrescita, pur rappresentando un’estrema minoranza, di uno a dieci o uno a cento, hanno tutti diritti di dire la loro, visto che la loro scelta economica e morale ha eguale diritto di cittadinanza del pensiero opposto e prevalente, occorre discutere in concreto, per vedere chi ha ragione, chi affronta meglio i tornanti della crisi. E Latouche in questo libro aiuta a farlo.
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