La Cia a caccia della «convertita inglese»
WASHINGTON — La cercano nel paradiso dei turisti di Malindi, si fa passare per sudafricana e chissà per quale altra nazionalità , visto che viaggia con un stock di passaporti falsificati. Documenti che le hanno permesso di vivere e viaggiare con al seguito tre bimbi piccoli. Ma Samantha Lewthwaite — questo il suo vero nome — non è solo una mamma. C’è il sospetto che faccia parte di un network terroristico vicino agli Shebab, movimento qaedista somalo. Da alcune settimane la polizia kenyota, con l’aiuto di Scotland Yard e degli americani della Cia, le sta dando la caccia nei quattro angoli del paese.
I timori degli investigatori sono legati non solo ai rapporti recenti ma al passato della giovane madre. Samantha, 27 anni, in questi anni ha vissuto in quella che gli esperti definiscono una «bolla jihadista». Figlia di un militare, si è convertita all’Islam quando aveva appena 15 anni e da allora ha frequentato ambienti estremisti in Gran Bretagna. E’ qui che ha incontrato quello che sarebbe diventato suo marito, l’islamista giamaicano, Jermaine Lindsay. Un rapporto non sempre facile — sembra — che si interrompe in un modo cruento. Il 7 luglio 2005, il compagno si fa saltare all’interno del metrò di Londra, alla stazione di King Cross. Ventisei le vittime che si aggiungono ad altrettante causate dai suoi complici kamikaze. All’indomani dell’attacco la reazione di Samantha è di sorpresa. Giura che non può essere suo marito l’uomo con lo zainetto bomba. Poi cambia idea davanti all’evidenza e monta un’altra difesa: «Era un tipo tranquillo che è stato plagiato dagli estremisti». La ragazza racconta che loro volevano vivere in modo spartano, secondo le regole del Corano. Però non esita a chiedere di essere pagata per rilasciare un’intervista. Poi torna nell’anonimato.
Passano i mesi e l’attenzione su Samantha si allenta. Lei, che ha rotto da tempo con la famiglia, cerca nuove amicizie. Ed è probabile che abbia riallacciato rapporti con personaggi vicini all’islamismo. Le sue tracce riemergono, infatti, in gennaio a Mombasa. Samantha è nella città kenyota e non per vacanza. La polizia ha arrestato dei presunti terroristi e uno di loro, il cittadino britannico Jermaine Grant, fornisce dettagli importanti sulla rete estremista. Il loro piano era (ed è) quello di colpire centri commerciali, alberghi e luoghi frequentati da occidentali. Grant, sotto interrogatorio, risponde alla polizia e fa il nome di Samantha, accusata dal complice di essere anche la finanziatrice. La ragazza sembra aver molto denaro, che usa anche per affittare un lussuoso rifugio poi individuato. Ora la vedova nera è in fuga, accompagnata da un misterioso «mozambicano» che presenta un documento a nome di Narco Costa. L’antiterrorismo spera di fermarla prima che possa rimettere in piedi un gruppo di fuoco.
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