La bustarella nelle mutande

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Pensi ai preziosi molluschi del sindaco Emiliano e in cortocircuito di scomodi omaggi e necessitati appetiti ritorna alla memoria la leggenda di quel presidente socialdemocratico dell’Inail che alla fine degli anni 80 durante una perquisizione afferrò un documento, se lo mise in bocca e se lo inghiottì, glòp.
Ah, la corruzione di una volta! La prontezza sacrificale di Mario Chiesa che butta i quattrini nel cesso e tira lo sciacquone, la furia tesaurizzante di Poggiolini e dei suoi puff a doppio fondo ricolmi di dobloni, i metal-detector, la radaristica e la geofonia per scoprire l’oro nelle fioriere di Licio Gelli.
Ma si stava peggio, in realtà , anche quando si stava peggio, nel senso che ieri e oggi e sempre in Italia il malaffare si porta appresso un eccesso di immaginazione, un costante aggiornamento fantasmagorico. E se vent’anni orsono Tangentopoli si annunciò con la saga delle “mutande col pizzo”, cioè bustarelle nascoste nell’intimo, e sempre a Roma la moglie indignata di un tangentista gettò dalla finestra il maltolto – che sembra la scena di un film: grida nel silenzio della notte, pioggia di banconote come coriandoli, carnevale di rabbia e di vergogna – ecco che anche in questo tempo nell’albo nero della commedia si possono inscrivere le cozze pelose e rivelatrici, gli sciagurati spaghetti al caviale da 180 euri, la casa “a sua insaputa” di Scajola e perfino i massaggi nel Centro del Benessere notturno, per l’occasione rifornito di champagne e costumini da ballo brasiliani, da cui peraltro l’illustre ed eroico beneficiato non riusciva più a venir fuori, prigioniero dell’omaggio dei suoi amici ricchi e cattivi.
E così anche nelle mazzette, altrimenti dette “stecche”, “cresta”, “malloppo”, come pure più pudicamente “provvigioni” o “risorse”, o più prosaicamente “merluzzi”, “biscotti”, “fischioni”, “zucchine”, ecco che in tutto questo si rivela qualcosa che ondeggia tra l’inferno dantesco e il cinepanettone. Vedi la torva pratica dello “scaricamorto”, le tangenti dell’oltretomba, da addebitare ai defunti, ma vedi anche il farsesco vitalismo del braccio destro del compunto ministro dell’Economia che distribuisce orologioni, scorrazza con la Ferrari e per Natale si fa pagare il viaggetto a New York con De Sica e la Ferillona.
E comunque, pure al netto di pruriti estetici, viene da chiedersi su che cosa, su quali comparti della società  in questi anni non sono passati quattrini sporchi! E vale quasi l’elenco alfabetico: acqua, aids, anziani, quindi “vecchietti d’oro”, lenzuola “d’oro”, perfino carceri – e ce ne voleva! – “d’oro”. Con il risultato che un’immane pubblicistica disorienta i più scrupolosi collezionisti di ritagli in una girandola di inaudite scorrerie, perché si è rubato sul pane e sulle tombe, sugli aerei da guerra e sulle dentiere, sui casinò e sul palco del Papa (in Campania, costò un miliardo e 500 milioni).
Il tutto a colpi di valigette, buste policrome, scatole da scarpe o di cioccolatini, fascette, elastici, pacchetti di sigarette, custodie di cd. Intanto il ragioniere della Parmalat prende a martellate il pc per cancellare le tracce del conto “Epicurus”. E pare di riascoltare le risate di sciacalleschi costruttori la notte del terremoto dell’Aquila. E ci si scopre a immaginare l’inaudito, ma ritenendolo possibile solo qui in Italia. Le partitelle di calcetto con Previti. La “Guida al carcere” di Zamorani. Lo yacht di Comunione liberazione. I macachi e lo zoo di don Verzè. L’arresto in diretta telefonica di Prosperini: «Non posso parlare, ma sono qui tranquillo e bello pacciarotto… però devo mettere giù».


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