by Editore | 9 Marzo 2012 8:13
BERLINO – I tassi dell’eurozona restano invariati all’1%, ma il punto non è il costo immutato del denaro. Il punto è che l’eurozona marcia di fatto in una debole recessione, ci sono segnali di stabilizzazione ma la ripresa sarà molto, molto graduale. Ci vogliono riforme strutturali e non solo austerità , l’allarme disoccupazione è alto, la palla è nel campo dei politici dopo i nostri forti interventi. Ecco i moniti lanciati ieri dal presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, nella sua conferenza stampa dopo la riunione del board alla Eurotower di Francoforte.
Nessuno si attendeva ritocchi, il tema della discussione al consiglio centrale Bce non è stato quello, ha detto Draghi. L’emergenza è indicata dalla revisione delle prognosi dell’istituto: al ribasso per la crescita, al rialzo per inflazione e disoccupazione. L’aumento medio del Pil nei paesi membri dell’unione monetaria, ha sottolineato il presidente, quest’anno sarà tra un meno 0,5% e un modestissimo 0,3. E l’anno prossimo, sempre nelle previsioni della Eurotower, si situerà tra una crescita zero e un 2,2. Mentre l’inflazione quest’anno sarà saldamente sopra la ‘soglia demoniaca’ del 2%, cioè tra il 2,1 e il 2,7. E nel 2013 si situerà tra un minimo previsto dello 0,9 e un massimo del 2,3, quindi anche l’anno prossimo con un tasso superiore a quello della crescita pronosticata del Pil. Mentre la disoccupazione resta a livelli d’allarme, con una media salita al 10,7%.
«Ci sono segnali di stabilizzazione dell’attività economica, ma non proprio rischi al ribasso, la ripresa sarà molto, molto graduale», ha sottolineato Draghi, che ha voluto minimizzare le tensioni tra il nuovo indirizzo, più interventista, della Bce e l’ortodossia della Bundesbank. «Decidiamo sempre all’unanimità , nessuno è isolato, meno che mai la Bundesbank», ha affermato. E «non corriamo certo più rischi della Fed americana». Ma ha difeso le due grandi iniezioni di liquidità sui mercati operate dalla bce sotto la sua guida, per un totale di oltre 1000 miliardi. Il problema, ha sottolineato, è che l’operazione ha stabilizzato le banche, non ultime quelle tedesche, ma non si è ancora tradotta in una facilitazione dei crediti alle economie reale. «Dobbiamo aspettare, ci vuole tempo».
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