Israele acclama il suo Iron Dome una “cupola d’acciaio” anti missili

by Editore | 23 Marzo 2012 8:55

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ASHKELON – (Sud Israele) L’ultima escalation militare sulla Striscia di Gaza ha visto aprirsi nuovi scenari. Nei nove giorni di lancio di missili e raid aerei – nei quali sono morti 26 palestinesi e una settantina sono stati feriti, dall’altra parte soltanto otto feriti lievi – i gruppi integralisti più oltranzisti hanno sparato oltre 300 missili contro le città  israeliane circostanti la Striscia. La gran parte, il 76 per cento, è stato intercettato da un moderno sistema anti-missile di produzione israeliana chiamato Iron Dome (Cupola d’acciaio). Progettato nel 2007, ha faticato a imporsi come strumento di difesa soprattutto per il suo costo, ma si sta rivelando un’arma di difesa insostituibile per Israele per mettere al sicuro le città  del Sud, dove vive più di un milione di abitanti, dal lancio dei razzi sparati dai miliziani integralisti. Se negli anni passati i missili che partivano dalla Striscia erano dei Qassam fabbricati dai carrozzieri di Gaza City – imprecisi, inaffidabili – adesso le milizie, dopo la caduta di Mubarak in Egitto, hanno riempito i loro arsenali attraverso i tunnel del contrabbando che passano sotto il confine con la Striscia. E sulla scena hanno fatto la loro comparsa mortai di fabbricazione russa, missili Grad che hanno un raggio di 40 chilometri e missili Al Fajr, in grado di raggiungere Tel Aviv che dista una sessantina di chilometri da Gaza. 
Inevitabile che Israele corresse ai ripari, e da quando Hamas prese il controllo della Striscia di Gaza nel 2007, le ricerche per un sistema “ombrello” dai missili sono state intensificate. Ma se oggi tutti acclamano l’Iron Dome come il “salvatore”, la sua acquisizione da parte del Ministero della Difesa è stata molto tortuosa. Soprattutto per il costo, perché alla fine ogni batteria viene a costare quasi 50 milioni di dollari, e nel 2009 – quando la Rafael Advanced Defence Systems lo presentò – furono in molti a mostrare perplessità . Gaza non era ancora diventata quella polveriera che è ora dopo il crollo del regime egiziano, e quei soldi erano utili altrove.
Lo scorso 9 marzo alle 6:16.00 pm è stato sparato il primo razzo Grad dalla Striscia diretto verso la città  israeliana di Ashkelon. Il radar ha acquisito la traiettoria e alle 6:16.13 pm l’Iron Dome ha lanciato uno dei suoi 20 missili che lo ha intercettato e distrutto in aria. «Non c’è molto tempo per pensare», spiega Prideks Ophir, ufficiale di tiro del sistema della batteria schierata in pianta stabile qui, alla periferia di questa cittadina costiera, «Si cerca di ottenere l’identificazione dal radar il prima possibile, poi si schiaccia un pulsante che indica “conferma”». A quel punto parte un missile Tamir, lungo tre metri e guidato dai sensori e dalle coordinate che gli fornisce il sistema da terra, e colpisce il razzo. Il radar calcola che se il missile è destinato a cadere in aree agricole o disabitate il sistema non viene attivato. Esigenze di bilancio: ogni Tamir costa 50 mila dollari. 
Gli esperti della Difesa cercano di evitare le statistiche per quantificare il successo di “Cupola d’acciaio” ma riconoscono che l’efficacia del sistema può aumentare. «Iron Dome è stato introdotto a tempo di record, è ancora molto migliorabile, anche se il 100 per cento sarà  impossibile da raggiungere», spiega David Shtemer, direttore del dipartimento missili della Rafael. L’ultima campagna di Gaza ha rotto ogni indugio, nell’espansione di Iron Dome verrà  investito oltre 1 miliardo di dollari, perché la minaccia dei missili non viene solo dalla Striscia di Gaza, ma anche da Nord, dagli Hezbollah libanesi. Secondo gli strateghi militari per dare una copertura completa al territorio israeliano sono necessarie almeno 13 batterie, a cui affiancare il sistema Arrow già  attivo per intercettare i missili a lungo-medio raggio e quello in fase di sviluppo per le minacce a medio raggio battezzato con un nome evocativo: David’s Sling, la Fionda di Davide.

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