In Iraq si spara italiano
Il Viminale vende armi alla Beretta e alla sbarra finisce l’ex numero due della Polizia. Un’accusa infamante per Luigi De Sena, il superprefetto mandato a Reggio Calabria all’indomani dell’uccisione di Francesco Fortugno. Ora De Sena è senatore del Pd e vicepresidente della commissione parlamentare antimafia ma per la Procura di Brescia è responsabile di vendita illegale di armi dismesse. Insieme ad altri quattro funzionari del Ministero dell’Interno ha autorizzato nei primi anni del Duemila la cessione di pistole alla fabbrica d’armi Pietro Beretta.
Oltre 44 mila calibro nove dichiarate “fuori uso” dalla polizia italiana vengono riacquistate dalla società lombarda e attraverso una triangolazione finiscono in Iraq. Siamo nel 2003 e dopo la caduta di Baghdad parte il lucroso affare del riarmo delle forze irachene. Armi che però finiscono in mano ai ribelli e sparano addosso agli americani.
Così un anno dopo un dossier dei servizi Usa arriva direttamente sulla scrivania della Procura di Brescia, con l’intermediazione dei nostri 007. L’informativa trasmessa dall’intelligence americana è da far balzare sulla sedia: la resistenza irachena del dopo Saddam Hussein è armata con le 92S Beretta. Gli uomini della guerriglia dispongono di molte pistole italiane, ultimi modelli e con matricola illeggibile o inesistente. Da dove arrivano? I pm di Brescia ricostruiscono il tortuoso percorso: 44.926 pezzi che dalle fondine dei poliziotti italiani dovevano essere rottamate o finire nelle collezioni degli amatori ma sono state acquistate dalla fabbrica bresciana ad un prezzo da saldi, meno di dieci euro a pistola. Nel quartier generale di Gardone Val Trompia 20mila sono state “rigenerate” (spesso erano perfettamente funzionanti) e rivendute alla Super Vision International Ltd di Londra che le ha spedite in Iraq.
Beretta ha così violato le norme italiane che impongono di sapere quale sarà l’utilizzatore finale e le leggi “in materia di acquisto, riparazione ed esportazione” perché la licenza per riparare le armi è scaduta dal 2002. Nel frattempo i carabinieri sequestrano le altre 15.478 vecchie 92S ancora in magazzino e già vendute alla Super Vision. E in 6 anni di indagini scoprono che tra gli scaffali ci sono armi con la matricola abrasa, migliaia di pezzi che non risultano dalla contabilità , dati mancanti, armi da guerra non catalogate.
Caos doloso o sensazione di impunità ? Insieme ai poliziotti è finito sotto accusa anche Ugo Gussalli Beretta, tredicesimo erede della dinastia industriale più antica d’Italia, amico personale di Silvio Berlusconi e George W. Bush. Per lui è stato chiesto il rinvio a giudizio per detenzione illegale di armi da guerra. Il vecchio patron rischia, in caso di condanna, la revoca delle autorizzazioni di polizia in materia di armi. Per questo la Beretta si è difesa con le unghie dalla sciagurata ipotesi di stoppare la vendita e la produzione attiva dal 1526.
Un primo successo è arrivato con il decreto per le Olimpiadi invernali di Torino 2006. Tra le righe che regolavano i finanziamenti necessari per le gare di sci è spuntata la possibilità per i fabbricanti di fucili e pistole anche la “riparazione delle armi prodotte e le attività commerciali connesse”. Ma non è tutto. Lo scorso novembre un’altra modifica di legge potrebbe far deragliare l’inchiesta: il Governo con un colpo di coda ha messo nel maxi-emendamento una norma per abrogare il catalogo nazionale delle Armi comuni da sparo. Due leggi fatte su misura che non hanno però evitato l’imbarazzante richiesta di rinvio a giudizio.
Related Articles
Ma trattare con Gheddafi indebolisce gli shabab
Mettere fuori gioco il raìs e il suo apparato è l’unico obiettivo degli alleati. Senza il sostegno dall’alto, i ribelli restano troppo esposti per affrontare i lealisti
Missione irachena, bandiera ammainata
BAGHDAD / SI CONCLUDE DOPO QUASI 9 ANNI UNA GUERRA CHE HA VISTO IMPEGNATI COMPLESSIVAMENTE 1,5 MILIONI DI STATUNITENSI: IN ALCUNI MOMENTI LA PRESENZA AMERICANA HA RAGGIUNTO 170.000 MILITARI
Kiev, il governo è atlantico. Tre i ministri stranieri
Ucraina. «Incidente» in una centrale atomica. I tecnici escludono qualsiasi fuoriuscita radioattiva: un semplice guasto