In bilico tra partito e movimento
Una storia di Democrazia Proletaria (Edizioni Alegre, pp. 192, euro 16). L’autore è figlio di due ex-militanti «demoproletari» che hanno scelto di far scendere «una fitta coltre di mistero» su quell’esperienza umana e politica. La ragione per la quale Pucciarelli ha scritto questo libro sulla storia di Dp, però, è presto detta: «Per me oggi Dp mi sa tanto di nostalgia di anni mai vissuti, quando c’era una generazione intera che aveva l’ambizione di cambiare il presente, piuttosto che subirlo».
Democrazia proletaria, in fondo, cos’era inizialmente se non un contenitore di militanti provenienti da Avanguardia operaia, Movimento dei lavoratori per il socialismo e Pdup (partito di unità proletaria – per il comunismo). Era un cartello elettorale nel 1975, era realtà organizzata nel 1978. Movimentisti, trotskisti, femministe, studenti, operai, questo era Democrazia Proletaria, questa era la sua peculiarità : per metà movimento, per metà partito.
Alla domanda sulla natura quasi camaleontica, a metà tra movimento e partito, Pucciarelli risponde così: «Provò ad essere davvero una via di mezzo e all’inizio si dotò di uno Statuto molto dinamico, rispetto a quelli classici della sinistra. Poi, anche lì, si dovette scendere a compromessi e dotarsi di regolamenti meno “utopici”. Sicuramente, seppur partito, Dp si contaminò e influenzò a sua volta altri movimenti e associazioni, come quelle ambientaliste, pacifiste e, sul finire della propria storia, come quello studentesco della Pantera». Le associazioni ambientaliste: è anche da lì che inizieranno il loro percorso i Verdi in italia; i Verdi Arcobaleno di Capanna dell’89, le liste verdi in tutt’Italia e infine, finalmente, la Federazione dei Verdi. Sarebbe riduttivo affermare che DP ha influenzato solo il movimento ambientalista ed ecologista italiano. Non ci si può infatti dimenticare che anche l’espereinza di «Rifondazione comunista» deve molto a militanti provenienti da Dp, al punto che nel 1991 Dp confluì all’interno di Rifondazione: l’attuale segretario del Prc, Paolo Ferrero, è un ex-demoproletario.
Lo stesso autore del libro, riguardo Democrazia Proletaria nel Prc, afferma come: «Io, che non ho né convenienze né storia da difendere, posso dire quello spirito dentro il Prc ci è entrato e ha trovato una sua dimensione trasversale. (…) Se penso alla Rifondazione vicina ai movimenti per la pace, a quella no-global di Genova nel 2001, a quella che ha promosso il referendum per allargare l’articolo 18 anche alle aziende più piccole e per ultima la sinistra che si è battuta contro il nucleare e adesso contro la Tav, per un altro modello di sviluppo, se vedo tutte queste cose nella vasta area a sinistra del Pd, è segno che l’esperienza di Dp a qualcosa è servita».
Come a dire che il movimentismo non è solo chiacchiere e giri di parole senza arrivare mai al punto focale della questione anche perché: «I movimenti servono a focalizzare l’attenzione su dei temi specifici, mentre i partiti servono a dare delle risposte globali ai problemi della società . Forse ai partiti adesso manca un po’ questo: essere considerati dei portatori di idee forti e credibili, di progetti alternativi per una società diversa. È anche per questo che, se si va a vedere l’età media delle platee congressuali, è sui 40 anni e oltre. Ai tempi di Dp era, a dire tanto, di 25». Ecco come l’amore per un periodo storico ben preciso si possa benissimo tramutare in considerazione sulla politica attuale e sul ruolo che hanno i partiti, sulla loro inadeguatezza o settorialità , rendendoli quasi dei movimenti col simbolo «a formato vettoriale».
L’esperienza, fatto noto per i giovani di quei tempi, di Dp passa da Avanguardia operaia, segnata da una eccentrica presenza «emme-elle» ( marxisti leninisti), all’incontro di alcuni compagni di strada provenienti da Lotta Continua, il manifesto per poi approdare, come già specificato, a Rifondazione, Verdi e quell’arcipelago di partiti comunisti che costellano la sinistra radicale italiana (Partito comunista dei lavoratori, Sinistra Critica, Partito D’Alternativa comunista, e via dicendo). L’esperienza di Democrazia Proletaria ha tuttavia segnato, a suo modo, il corso della politica italiana «radicale» e dei suo «riflessi» nelle varie forme politiche che si rifanno alle tradizioni comunista, ambientalista o pacifista.
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