Il vigile spara a colpo sicuro
A Milano, lo scorso 13 febbraio, un ragazzo cileno di 28 anni, Marcelo Valentino Gomez Cortes, è stato ucciso con un colpo di pistola alla schiena sparato dal vigile urbano Alessandro Amigoni, dopo un assurdo inseguimento in automobile terminato al Parco Lambro.
Il cileno stava scappando solo perché aveva paura: non aveva il permesso di soggiorno. Non stava facendo niente di male, andava a una partita di calcetto con un amico. Il vigile, un duro appassionato di armi – con tanto di fotografia postata su facebook che lo ritraeva con in braccio un mitragliatore – ha sempre detto di essersi sentito minacciato da una pistola (ma non esisteva un’altra pistola) e di aver sparato da notevole distanza e perdipiù verso un terrapieno per non rischiare di colpire qualcuno.
Invece, ormai è certo, Alessandro Amigoni ha sparato alle spalle da una distanza che va dai 60 centimetri fino ad un massimo di 2 metri e 80 centimetri. Una vera e propria esecuzione. Questo dice la perizia disposta dal pm di Milano Roberto Pellicano ed eseguita dal perito balistico Dario Redaelli. Tanta precisione si deve a partire dall’analisi dei fori di entrata e uscita del proiettile e da una serie di valutazioni di tipo geometrico (l’inclinazione dei fori su schiena e torace, l’altezza dell’arma impugnata dal vigile e l’inclinazione del busto del ragazzo che stava cercando di scappare). L’omicida, il giorno stesso, protetto e difeso dal comandante dei vigili, l’intoccabile Tullio Mastrangelo, aveva risposto in questo modo ai pm che lo interrogavano: «Ho incamerato il colpo in canna ed ho fatto fuoco a scopo intimidatorio sparando sulla mia sinistra contro un terrapieno in modo da non creare pericolo per nessuno. Ho ritenuto di non sparare in aria perché ho pensato che potesse essere pericoloso per la ricaduta dell’ogiva». Un’altra menzogna, la più grave, smentita immediatamente anche dalle testimonianze di alcuni colleghi.
A questo punto restano davvero pochi dubbi sulla dinamica di questa assurda uccisione e al pm Roberto Pellicano manca solo l’esito della perizia medica legale per formulare la richiesta di giudizio immediato per l’agente Alessandro Amigoni. Il vigile con la passione delle armi e i modi piuttosto sbrigativi nel frattempo non risponde più al comando di piazza Beccaria, lavora per l’amministrazione comunale, per la precisione nel settore «risorse umane». Non ha più la pistola e finalmente ha smesso di dare la caccia agli stranieri. Il corpo di cui faceva parte con malcelato orgoglio – lo chiamavano il corpo dei Robocop – invece è ancora vivo e vegeto, nonostante sia stato costretto a darsi una calmata. E’ davvero difficile comprendere per quale motivo sia così complicato sciogliere quei nuclei speciali inventati dall’ex vice sindaco De Corato per condurre le sue guerricciole razziste contro immigrati, rom e venditori ambulanti. Anche perché è proprio sulla gestione della cosiddetta «sicurezza» che la giunta Pisapia potrebbe facilmente marcare una netta e salutare differenza con il ventennio del centrodestra. Di riforma della polizia locale si parla da mesi, ma a Milano sembra essere la «rivoluzione» più complicata da portare a termine. Almeno questo lasciano pensare le parole dell’assessore alla sicurezza Marco Granelli, intervistato ieri da Radio Popolare, a partire dal clamoroso esito della perizia balistica: «Stiamo aspettando le conclusioni delle indagini… e quell’unità dei nuclei speciali sarà dedicata alla lotta alla contraffazione e all’abusivismo, era un compito che svolgevano egregiamente e lo testimonia l’apprezzamento dei commercianti, si stanno già muovendo in questa direzione…». Quindi, anche dopo l’uccisione di Marcelo Valentino Gomez Cortes, quei corpi speciali torneranno a fare quello che facevano prima. Speriamo con meno convinzione.
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