Il Vaticano «potenzialmente vulnerabile» al riciclaggio

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Nel rapporto annuale del Dipartimento di stato sulla lotta contro il traffico di droga, diffuso mercoledì, la Santa sede è aggiunta alla lista di sessantotto paesi ritenuti in «situazione preoccupante».
La Santa sede è ormai classificata accanto a Albania, Egitto, Yemen e Portogallo. Per gli Stati uniti esistono inoltre paesi di «prima preoccupazione», dove il riciclaggio è un flagello: pongono anche se stessi in questa situazione, accanto a Iraq, Brasile, Cina, Russia e persino la Francia. Il rapporto del Dipartimento di stato rileva che il Vaticano ha certo messo in atto un dispositivo contro il riciclaggio, ma esprime forti dubbi sulla sua efficacia, difficile da valutare, perché ancora troppo recente. Secondo gli Stati uniti, il Vaticano sarebbe particolarmente vulnerabile a causa dell’enorme quantità  di denaro che circola tra la Santa sede e il resto del mondo. Nel 2010, il pontefice Benedetto XVI ha fondato un’Autorità  di informazione finanziaria, che dovrebbe, a termine, permettere di mettere il Vaticano in conformità  con le norme di trasparenza internazionale nella lotta contro il riciclaggio di denaro della criminalità  e di finanziamento del terrorismo. Lo scopo di questa struttura, presieduta dal cardinale Attilio Nicora (ex presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Santa sede apostolica, Apsa), è di far entrare il Vaticano nella «lista bianca» dell’Ocse (l’Organizzazione dei paesi più ricchi del mondo), garante della lotta contro il riciclaggio. 
Il Vaticano sta cercando di riformare lo Ior,l’Isituto per le opere di religione, tradizionalmente una struttura molto opaca delle finanze della Santa sede, ora affidato alla presidenza di Gatti Tedeschi, ex presidente della Banca Santander in Italia.


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