Il Quirinale dà  una mano a Monti “Trattate fino all’ultimo minuto”

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ROMA – La decisione di intervenire matura al Colle più alto nel volgere di poche ore. La dichiarazione, poi la convocazione del governo in un gabinetto d’emergenza. Proprio quando la trattativa coi sindacati sul mercato del lavoro rischia di finire su un crinale pericoloso, sta per incartarsi. 
«Bisogna trovare il massimo di convergenza». Il presidente Napolitano si rivolge a tutte le parti in causa, non entra nel merito della mediazione governo-parti sociali, ma una stretta all’uno e alle altre la impone. E fa leva su tutta la sua capacità  di influenza per scongiurare la prova di forza, una riforma che arrivi in Parlamento senza accordo. Così, richiama i sindacati al senso di responsabilità  ma invita anche Monti e Fornero a «trattare fino all’ultimo istante utile» pur di strappare l’intesa. Con tutti. Lo dice apertamente, poi lo ripete al premier e al ministro del Lavoro convocati allo studio alla Vetrata per 50 minuti nel tardo pomeriggio: «È fondamentale che sulla riforma ci sia il consenso di tutte le parti interessate». 
Non se ne può fare a meno, nell’ottica del Colle, se non si vogliono subire contraccolpi dall’impatto sull’economia in crisi di una riforma comunque tra le più delicate. Anche se, sia il presidente del Consiglio Monti che la sua ministra, accompagnati dal sottosegretario Catricalà , ribadiscono la necessità  per il governo di chiudere la partita entro il fine settimana, prima della missione in Oriente. Se sarà  impossibile fare diversamente, «anche senza la firma materiale» di sindacati e Confindustria. Ma quella sarebbe l’extrema ratio, perché a Napolitano il premier ha garantito che sarà  battuta ogni strada. Non a caso, appena lasciato il Quirinale, il ministro Fornero ha riunito i sindacati al dicastero del Welfare per un vertice preliminare in vista delle trattative di oggi a Palazzo Chigi. 
In serata il Professor Monti confida ai suoi tutta la gratitudine per la mano d’aiuto ricevuta ancora una volta in un momento cruciale dal capo dello Stato. Un intervento, quello della Presidenza, frutto dei timori delle ultime ore. I sindacati spaccati al loro interno. La Fiom che indice per oggi lo sciopero-blitz contro una trattativa che deve ancora decollare. Mossa che – raccontano – ha destato sorpresa ma anche irritazione al Quirinale, consapevole di quali ricadute avrà  il fendente dei metalmeccanici negli equilibri interni alla Cgil. Terzo timore, quello di una resa dei conti in Parlamento, soprattutto in casa Pd. Di fronte a un accordo non siglato da tutti i sindacati, il partito di Bersani potrebbe soffrire fibrillazioni non indifferenti, fino a risolversi per il «non voto». Tutto insomma nel pomeriggio suggeriva l’attivazione di una camera di compensazione, la più alta possibile. Sulle linee di fondo della riforma il Quirinale non è distante, in più di un’esternazione Napolitano aveva ribadito in passato che il welfare così com’è necessita di interventi, di modifiche. Che non ci si può adagiare sulle certezze del passato, perché il mondo del lavoro è cambiato. Tutto è in movimento, in queste ore, mezzo governo mobilitato. Non solo la Fornero, anche il ministro dello Sviluppo Corrado Passera muove la sua «diplomazia» dietro le quinte, con contatti personali coi leader sindacali. E già  dopo l’intervento del Colle, quando Camusso, Bonanni e Angeletti si chiudevano al ministero, il clima appariva più rasserenato, sebbene una soluzione fosse ancora lontana. I licenziamenti disciplinari restano il fronte caldo della trattativa. Non stanno alla finestra nemmeno i segretari di maggioranza. Auguri di compleanno e non solo nella telefonata di Casini a Monti. Il più attivo è il leader Pd Bersani. Ha chiamato il premier, poi la Fornero. Vuole vederci chiaro, il numero uno dei democrat. Convinto, come ha ripetuto ai suoi, che «la scelta è in che direzione debba andare l’Italia: io penso che si debba andare verso il modello Europa, piuttosto che quello Usa». Ma anche sul metodo il Pd ha una sua linea, vorrebbe evitare, come suggerisce Francesco Boccia, «la clava del decreto legge», preferendo una «legge delega che farebbe stare più tranquilli tutti». Difficile faccia breccia: il premier vuole lanciare messaggi incisivi ai mercati anche sulla riforma del lavoro.


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