Il lungo assedio al killer dei bambini
I massacri cominciati l’11 marzo ora sono finiti. Mohamed Merah ha trucidato sette persone, Imad, Mohamed, Abel, Jonathan, Gabriel, Arieh, Myriam. Due musulmani, un cattolico, quattro ebrei. Come l’11 settembre 2001, quando a morire furono innocenti di tutte le religioni. L’operazione dei reparti speciali francesi è cominciata alle 3 e 05 della notte tra martedì e mercoledì, quando gli uomini del Raid hanno circondato la palazzina al pianoterra del quartiere residenziale dove Mohamed Merah vive da solo da circa 10 mesi, dopo avere traslocato da un altro quartiere di Tolosa. Gli agenti hanno cercato di fare irruzione ma sono stati respinti dagli spari di Merah, che era sveglio e carico di adrenalina. Due ore prima il terrorista aveva telefonato da una cabina telefonica al canale France 24 per rivendicare i tre attentati dei giorni scorsi: «Mi ha parlato con grande cortesia e un francese impeccabile, arrivando subito al punto — racconta la giornalista Ebba Kalondo —: apparteneva ad Al Qaeda, aveva colpito i paracadutisti per punire la Francia delle leggi sul burqa e il velo e della guerra in Afghanistan, e aveva ucciso il rabbino e i tre bambini nella scuola ebraica per vendicare i bambini palestinesi. Ha confermato di avere filmato tutto, e ha detto che avrebbe colpito ancora».
Quando le forze speciali intervengono, non riescono a prendere il ragazzo di sorpresa. In pochi minuti vengono esplosi decine di colpi, tre militari vengono feriti, altri agenti gridano ai vicini svegliati dagli spari di restare in casa. «Mi sono affacciato e un agente armato fino ai denti mi ha ordinato di chiudere le finestre e sdraiarmi per terra — racconta José da Silva —. E’ cominciato il calvario». Per ore, mentre agenti e terrorista cominciavano l’infinita trattativa interrotta per almeno due volte dalle fucilate, i vicini di casa al numero 17 di rue Sergent-Vigné restano bloccati, e sentono tutto. La polizia chiude il gas a tutti, temendo un’esplosione. C’è chi telefona alle radio chiedendo in lacrime di essere liberato. «Cédric è ancora lì dentro, al piano di sopra», raccontava per strada alle 10 di mattina Eric Lambert, suo padre, furibondo. «Ha 22 anni, è terrorizzato, mi racconta tutto al telefono. Un secondo fa c’è stata un’esplosione, è caduta la linea, poi mi ha richiamato per dire che sta bene. Abbiamo aiutato Mohamed a traslocare, mesi fa. Sono io che gli ho messo i divani in casa». Alle 11 l’incubo dei vicini finisce, vengono fatti evacuare con una scala dei pompieri e portati nella caserma a pochi metri, dove nel pomeriggio arriverà Sarkozy che ripete: «Lo voglio vivo».
Soprattutto dopo che non c’è più pericolo per gli altri abitanti, la richiesta del presidente è giusta. Perché la Francia non può diventare il Paese delle esecuzioni sommarie e perché Merah potrebbe fornire informazioni su Al Qaeda. Asserragliato nel suo appartamento al piano terra, l’assassino ha lanciato dalla finestra la sua Colt 45 (una delle armi a sua disposizione) in cambio di un telefonino per comunicare con le autorità . E ha una gran voglia di parlare: dice di non essere un martire, preferisce uccidere piuttosto, si arrenderà ma più tardi, alle 14 dopo la preghiera islamica delle 13.30, poi no, vuole ancora tempo, si consegnerà sì ma a tarda sera. E ancora: è fiero di avere messo in ginocchio la Francia, aveva intenzione di uccidere ancora, ieri mattina un altro militare all’uscita di casa e venerdì due poliziotti di Tolosa. In serata, aggiungerà di avere accettato da Al Qaeda la missione di un grande attentato in Francia. Intanto sua madre e suo fratello maggiore Abdelkadir con la compagna sono stati arrestati. Nell’auto di Abdelkadir, che potrebbe avere aiutato il fratello e altri jihadisti a viaggiare tra la Francia, l’Afghanistan e l’Iraq, la polizia trova esplosivi.
La cellula terroristica islamica a conduzione famigliare è ormai scoperta. È un colpo di scena, perché la pista privilegiata dagli inquirenti era stata fino a martedì quella dell’estrema destra, in particolare visti gli episodi di neonazismo all’interno della vicina caserma dei paracadutisti di Montauban. Invece si è arrivati ai fratelli Merah e ad Al Qaeda incrociando i molti dati in possesso agli investigatori. Mohamed Merah ha effettuato almeno due viaggi alla frontiera tra Afghanistan e Pakistan, nel 2010 e nel 2011. Si sarebbe fatto arrestare a Kandahar, e la polizia afghana avrebbe avvisato le autorità Usa che poi hanno avvertito i servizi francesi della Dcri (direzione centrale dell’intelligence interna). Nella lista dei sospetti dopo il massacro di Montauban del 15 marzo, c’erano i nomi di alcuni neonazisti ma anche quello di Mohamed Merah. La pista dell’estrema destra è stata abbandonata quando si sono aggiunti due elementi decisivi. Il primo parà era stato ucciso con una trappola: voleva vendere la sua moto e l’assassino aveva risposto al suo annuncio sul sito Le Bon Coin. Tra i computer delle 576 persone che hanno consultato quell’offerta, gli investigatori hanno trovato quello di Abdelkadir Merah, il fratello di Mohamed. Secondo indizio: nei giorni scorsi, un uomo si è presentato alla concessionaria Yamaha di Tolosa con una strana richiesta. «Quel ragazzo, che avevo già visto anche se non era un cliente abituale, voleva sapere come disattivare il tracker gps degli scooter Yamaha, il sistema che permette di reperirli via satellite — racconta il titolare della concessionaria, Christian Dellacherie —. E poi ci ha chiesto dei consigli per ridipingerlo». Lo scooter Yamaha T-Max è stato presente sulla scena dei tre crimini: grigio scuro nei primi due, bianco alla scuola ebraica. Dellacherie ha avvertito la polizia, che ha capito che l’uomo da cercare era Mohamed Merah.
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