I tecnici sbagliano i conti: gli esodati sono 350mila
Cioè dei lavoratori che in prospettiva saranno, per alcuni anni, senza stipendio e senza pensione. Condannati perché usciti dalle fabbriche e dagli uffici alla fine dell’anno scorso in base ad accordi aziendali, secondo la dinamica prevista dai prepensionamenti. Ma poi bastonati dalla (contro)riforma delle pensioni, progettata e fatta approvare da quello stesso «governo dei tecnici» che ora promette loro un decreto. Ma non subito, fra tre mesi. Perché i tecnici capitanati da Mario Monti ed Elsa Fornero hanno sbagliato così grossolanamente i conti da dover rifare tutto daccapo.
Di fronte all’aumento improvviso dell’età pensionabile, senza alcuno strumento per gestire la transizione, fra i confederali solo la Cgil aveva subito lanciato l’allarme. I sensibili terminali del sindacato di Corso Italia, in base a un rapido calcolo delle proteste reali-virtuali e delle vertenze aperte lungo tutto la penisola, avevano stimato una platea di almeno 200mila «esodati». Il governo naturalmente aveva ritenuto la cifra eccessiva, parlando di un numero oscillante fra i 50 e i 70mila lavoratori intorno ai 60 anni, non riassumibili, che rischiavano di trovarsi entro breve senza più lavoro e senza assegno pensionistico. Quindi senza reddito. Il che avrebbe aperto le porte all’ennesimo dramma sociale di massa. Di fronte al quale l’esecutivo Monti aveva assicurato un intervento correttivo calcolato sulla base di circa 65mila interessati al provvedimento, con risorse a crescere dai 245 milioni per il 2013 fino ai 1.220 per il 2016.
I numeri, quelli veri, sono venuti a galla al convegno «Tutto pensioni». «Le risorse sono state tarate su un determinato gruppo di persone – ha ammesso Fornero – ma ora quelle risorse non bastano più perché il numero degli esodati è di gran lunga superiore a quello che avevamo preventivato». I calcoli fatti dall’Inps, anche se non ufficializzati, parlano infatti di più di 350mila ex lavoratori in mezzo al guado. «Quello sugli esodati è un errore colossale – osserva Morena Piccinini della Cgil – pari a quello che si sta facendo sulle ricongiunzioni, perché ci si ostina a non voler rifare i calcoli sulla base di criteri diversi da quelli utilizzati finora. Quando ad esempio sulle ricongiunzioni si dice che il ritorno alla gratuità costerebbe oltre 1,4 miliardi, si pensa che tutti, nessuno escluso, ne farebbero ricorso. Ma è un ragionamento che nella pratica non ha mai trovato conferme. Mentre per gli esodati, ai quali è stato riconosciuto un diritto, diventa un dovere stanziare fondi adeguati. Fondi che ci sono, perché la manovra pensionistica di dicembre sta determinando risparmi enormi. Ed è impensabile che si risparmi ancor più di quanto previsto in teoria, senza riparare agli errori commessi».
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