by Editore | 20 Marzo 2012 7:13
Poco prima delle 8 del mattino ci sono decine di bambini davanti alla scuola. I più piccoli aspettano con i genitori lo scuolabus che li porterà nella scuola materna ed elementare poco lontana, gli altri con calma entrano nelle classi. Arriva lo scooter, un potente Yamaha T-Max di colore bianco. Scende un uomo alto, dal fisico imponente. Si avvicina e apre il fuoco. I primi a cadere sono un insegnante di religione franco-israeliano di 30 anni, Jonathan Sandler, con i suoi figli Gabriel e Arieh di 4 e 5 anni. Jonathan ha cercato di proteggere i bambini con il suo corpo. Non è servito. Pochi minuti prima il padre di un loro compagno li aveva incontrati. Racconta: «Ho visto il mio amico all’entrata con i figli, aspettava che venissero a prenderli. Gli ho detto “buongiorno” e sono andato avanti. Un istante dopo ho sentito dei rumori strani, mi sono messo a correre e mi sono rifugiato nella sinagoga. Ho capito che erano spari. Non mi sono voltato», dice con un sospiro.
Davanti alla scuola, a poche ore dalla strage, c’è una mamma che piange e mentre racconta che suo figlio si è salvato parla del senso di colpa, l’altro inesorabile mostro che perseguiterà a vita tutti gli innocenti che sono scampati all’assassino: «Perché mio figlio è vivo e loro no? La mamma di quei piccoli è mia amica, ci conosciamo tutti, ci vediamo tutti i giorni, ha perso i suoi figli e suo marito. Come possiamo vivere, adesso, come possiamo anche solo guardarla, noi sopravvissuti?».
L’uomo che ha sparato ha ridotto in fin di vita anche un ragazzo di 17 anni. Poi è tornato sui suoi passi, è salito sullo scooter e si è allontanato. Lo cercano 200 investigatori e migliaia di poliziotti, il piano di anti terrorismo nel Sud della Francia è stato portato al livello massimo, «scarlatto», gli agenti speravano di catturarlo subito entro un raggio di 100 chilometri con l’aiuto degli elicotteri ma ormai potrebbe essere chissà dove.
Domenica 11 marzo, qui a Tolosa: il sergente Imad Ibn-Ziaten, 30 anni, paracadutista, in borghese, è stato ammazzato in pieno giorno. L’assassino dello scooter prima di ripartire si è scontrato con una donna che usciva dalla farmacia, la visiera del casco si è alzata e la testimone ha raccontato che l’uomo aveva una cicatrice o un tatuaggio sulla guancia sinistra. Pochi giorni dopo, il 15 marzo nella vicina Montauban, sede del 17esimo reggimento dei paracadutisti, tre militari sono di nuovo finiti sotto i colpi dell’uomo in scooter: due di origine maghrebina, il terzo antillese. Abel Chennouf, 25 anni, e Mohamed Legouad, 23, sono morti praticamente sul colpo; l’altro, Loic Liber, 27 anni, di colore, originario della Guadalupa, lotta in ospedale tra la vita e la morte, una pallottola piantata nella spina dorsale.
La stessa pistola calibro 11.43 ha sparato nei tre agguati, «stiamo dando la caccia a un unico assassino», ha confermato in serata il presidente Nicolas Sarkozy. Davanti alla scuola il killer aveva cominciato a sparare usando un’altra pistola, una calibro nove che si è inceppata. È stato costretto così a usare l’arma già utilizzata contro i paracadutisti. Lo scooter, che nelle altre due occasioni era stato descritto come nero, stavolta era bianco: «Forse è stato ridipinto — dice il ministro dell’Interno Claude Guéant —, l’arma in un primo momento diversa e il colore differente della moto potrebbero indicare che l’assassino ha provato a confondere le acque».
La campagna elettorale francese è sospesa, il presidente Sarkozy e il candidato socialista Franà§ois Hollande hanno espresso con commozione lo sdegno per l’orrore antisemita e per le uccisioni che hanno colpito francesi appartenenti alle minoranze: ebrei, arabi, un nero. Ieri sera, veglia funebre nella scuola Ozar Hatorah, con i corpi dei bambini e dell’insegnante coperti da lenzuoli bianchi, prima del trasferimento in Israele. Stamane alle 11, in tutte le scuole di Francia, un minuto di silenzio.
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