I dubbi del Lìder maximo su fede e ragione “Tante sfide globali, cosa fa un Papa?

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L’AVANA – «Sì, sono anziano – ha detto il Papa – ma posso fare ancora il mio dovere». È cominciato con una battuta sull’età , veneranda per entrambi, l’incontro tra Fidel Castro e il Papa, un colloquio giunto nell’ultimo giorno della visita di Benedetto XVI a Cuba. Un dialogo di 30 minuti, descritto come «molto animato», ma svoltosi all’impronta dell’interesse del Lìder maximo per la fede, e avvenuto alla nunziatura dell’Avana, la sede diplomatica del Vaticano.
È stato Fidel Castro, apparso in buona salute, ad andare a trovare il pontefice dopo la messa celebrata nella Plaza de la Revolucià³n. «Ho preso la decisione di chiedere alcuni minuti del suo tempo, che so pieno di impegni – ha detto Castro – quando ho saputo che a sua Santità  sarebbe piaciuto questo modesto e semplice contatto». Lo ha accolto il segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. E quando il Comandante, che già  lo conosceva, lo ha visto gli ha detto che avrebbe sempre desiderato «due beatificazioni: quella di Madre Teresa di Calcutta, che era una benefattrice di Cuba, e di Giovanni Paolo II».
Cinque minuti dopo, alle 12.30, è arrivato il papa, mentre presenti erano anche la signora Dalia, la moglie del Comandante, e solo in ultimo due figli di Castro. È stato Fidel a sottoporre il pontefice a una raffica di domande. «Santità  – gli ha chiesto subito – ma com’è cambiata ora la liturgia della messa?», mostrandosi interessato alle recenti modifiche. E poi: «E che cosa fa un papa, qual è il significato del suo servizio?». Benedetto ha risposto commentando i suoi viaggi, il servizio a favore della Chiesa, l’impegno per i poveri. «E le difficoltà  e i temi di oggi – lo ha incalzato Castro, apparso pimpante – con le necessità  di rispondere alla sfide attraverso la religione e il contributo della scienza?». E Ratzinger ha collegato le difficoltà  che l’umanità  incontra oggi con il tema dell’assenza di dio e dell’importanza invece della sua presenza, ragionando quindi su argomenti a lui cari come fede e ragione.
Santità  – gli ha chiesto infine Castro insistendo ancora sul tema della spiritualità  – potrebbe inviarmi qualche libro che lei ritiene interessante sui temi di cui abbiamo parlato?». «Lo farò», ha risposto il Papa. Non è stato forse, dal punto di vista storico, né tantomeno mediatico, un evento dirompente come fu la visita di Wojtyla nel 1998. Ma il dialogo fatto di sguardi e di confronti, di parole e di ammissioni, di silenzi e di assensi, fra due leader ormai ottantacinquenni come Joseph Ratzinger e Fidel Castro, è stato comunque un incontro molto intenso. A tratti, toccante. È stato il tema della religione, più che quello della politica, al centro del colloquio. Ma nessuna comunione richiesta da Fidel, nessuna confessione al Papa, nessun discorso su scomuniche e reintegri nella Chiesa. «Sulla sua fede personale – ha affermato il portavoce papale, padre Federico Lombardi, riferendosi a Castro – è un problema su cui non ho da affermare nulla».
Gli occhi dell’opinione pubblica internazionale si erano ormai concentrati su questo appuntamento. È vero che la visita in Messico e a Cuba del pontefice tedesco non aveva come scopo finale l’incontro con il Là­der mà¡ximo. Che, anzi, non era affatto nell’agenda in programma. Eppure era comunque, per tutti, l’impegno più atteso, come se il viaggio spirituale e politico di Benedetto XVI in America Centrale e nei Caraibi potesse alla fine ruotare sull’asse del faccia a faccia con Fidel. Un dialogo tanto atteso da aver tratto in inganno molti, quando anche la delegazione papale pensava che l’incontro potesse avvenire nella serata di mercoledì. E invece, a sorpresa, le autorità  cubane avevano preferito separare il confronto del Papa con i due fratelli Castro, riservando all’attuale presidente Raul l’appuntamento ufficiale di mercoledì. E a Fidel il fuoriprogramma di ieri.
Continui i rimandi tra Ratzinger e Castro, alla visita di Giovanni Paolo II quattordici anni fa. Fidel Castro ha ricordato a Ratzinger le frasi scambiate con il papa polacco. Non certo per rammentare quella che fu una visita importante quanto questa, per l’isola. Quanto per riaffermare una visione che tanto per l’Avana quanto per la Chiesa costituisce un punto fermo. Una base di partenza per riconoscere, come ha detto il Pontefice, «i passi fatti da Cuba, e andare avanti».


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