GLI AVVOCATI “SIGNOR NO” CONTRO LE LIBERALIZZAZIONI
Ecco, gli organismi dell’Avvocatura italiana mi hanno ricordato un po’ Mr. Nyet quando, alla fine del Congresso straordinario forense conclusosi sabato, ho letto il comunicato finale. Alle rappresentanze ufficiali dei togati italiani sembra non andar bene niente: no alle liberalizzazioni e più specificamente: no all’abolizione delle tariffe; no alle società di capitali con soci non professionisti; no al nuovo regime del praticantato; no al futuro sistema previdenziale per le Casse autonome; no alla media conciliazione (con tanto di proposta di raccogliere le firme per un referendum abrogativo della relativa legge: auguri); no ai Tribunali delle imprese; no alla nuova geografia giudiziaria che riduce e razionalizza l’assurda quantità di sedi giudiziarie inefficienti; no alla libertà del cittadino di rinunciare alla difesa per i processi di valore inferiore ai 1100 euro; no alla riforma dell’ordinamento forense “per regolamento”. Accidenti: tirate il fiato verrebbe da dire.
Con lo slogan “i diritti non sono merce”, gli avvocati convenuti a Milano hanno voluto combattere la visione “mercatistica” (termine il cui copyright è di un avvocato, Giulio Tremonti) della professione. La lotta è durissima: il congresso si è tenuto alla fine di un periodo di 8 giorni di sciopero delle udienze e altre iniziative potrebbero seguire. Che dire? Penso che le rappresentanze della classe forense stiano facendo perdere un’opportunità di modernizzazione agli avvocati italiani: se si concentrassero su alcuni aspetti realmente problematici (tipo, le società di capitali pagano la cassa forense?) magari potrebbero essere presi molto sul serio. D’altronde, se la battaglia fosse sacrosanta, sarebbe condivisa da tutte le altre categorie professionali e la forte presenza in Parlamento di professionisti dovrebbe aver portato a dei risultati. Poiché pare che questo non sia avvenuto, forse i vertici della categoria hanno sbagliato strategia. Oppure, la battaglia è insostenibile, non è condivisa persino da molti esponenti dell’avvocatura né da altre categorie professionali e tantomeno dall’opinione pubblica. E allora, anche in questo caso, strategia, tattica e toni si sono dimostrati finora fallaci.
adenicolaadamsmith.it
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Il fisco, almeno negli stati democratici moderni, ha sempre preteso di incarnare una qualche forma di morale. Richiamandosi ora all’eguaglianza, ora al bene comune, ora alla competitività.