Fonsai, la gestione Ligresti sotto accusa

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MILANO – Conto alla rovescia per il cda Fonsai di lunedì, quando verrà  approvato il bilancio (i conti sono già  definitivamente archiviati) comprensivo della Nota integrativa. Forse per quella data (o magari il giorno dopo) arriverà  il parere sull’impairment test di Maurizio Dallocchio sulla quota Fonsai controllata da Premafin: le scommesse sono per una cifra abbastanza vicina ai 5 euro per azione (1,27 ieri in Borsa). Top secret invece sulle ragioni della visita di don Salvatore (accompagnato da Ignazio La Russa) ad Alberto Nagel, in Mediobanca.
Ma i consiglieri Fonsai dovranno anche esaminare la corposa (98 pagine) relazione del Collegio sindacale, in risposta alla denuncia del fondo-azionista Amber. Una vera e propria miniera di situazioni problematiche, su cui quasi sempre il Collegio sindacale conclude invitando il cda a «condurre un’approfondita analisi» e nel caso in cui «dovessero emergere elementi di responsabilità » a compiere i passi necessari e a «valutare le opportune iniziative giudiziali». Ad esempio a carico dei «periti attestatori» nel caso di Atahotels. La controversa vendita della società  da Sinergia (famiglia Ligresti) al gruppo Fonsai viene decisa alla fine del 2008 e perfezionata nel maggio 2009. Prevede una serie di perizie e di pareri di advisor, ma già  nel busines plan predisposto dal management interno per il periodo 2009-2015 si prevedeva un ritorno all’utile solo nel 2013. Insomma, non si presentava proprio come un affare (per i soci del gruppo assicurativo) ma la cessione fu fatta lo stesso e, a fine partita, il costo minore si è rivelato proprio quello di acquisto: 25 milioni, a fronte dei 78,8 milioni di ricapitalizzazioni nel periodo 2009-2011. Atahotel sconta la forte crisi economica, certo, ma soprattutto è gravata da canoni di affitto stratosferici. Che sono serviti a gonfiare il valore degli immobili (non di proprietà  di Ata) in più casi girati da Fonsai e da Milano a fondi immobiliari promossi dal gruppo (Tikal e Athens). Su 13 contratti di affitto tra Atahotels e società  del gruppo Fonsai – scrive il collegio sindacale – «sette sono stati negoziati o rinegoziati dalle parti tra il 2008 e il 2009 e – in cinque casi – in prossimità  della cessione dell’immobile». L’albergo di Capotaormina è emblematico: il contratto di affitto tra Atahotel e Immobiliare Lombarda (gruppo Fonsai) viene stipulato il 27 maggio 2009, il giorno dopo l’immobile viene venduto da Immobiliare lombarda al Fondo Athens (sempre del gruppo) e due giorni dopo, il 29 maggio 2009, veniva sottoscritto il contratto definitivo di compravendita Atahotel-gruppo Fonsai. Non solo, all’epoca dei fatti c’era un altro contratto di affitto – più basso – e non sembrerebbe essere stata data disdetta. L’albergo di Varese (sempre di proprietà  di una controllata Fonsai) ha una storia meno rocambolesca ma ancora più eclatante: nel 2010 il canone assorbiva il 91% dei ricavi della struttura.
Più noti ma non per questo meno importanti i rilievi relativi alla consulenza di Salvatore Ligresti (40 milioni tra il 2003 e il 2010, più un contratto 2012-2014 non ancora disdettato): il collegio sindacale sottolinea che «non risultano adeguatamente motivate le ragioni e la convenienza della società » a servirsi della consulenza. Erogati secondo le procedure – ma nondimeno sollevano molte perplessità  – i bonus una tantum erogati nel 2008 (sui risultati 2007): 2 milioni a Jonella e Paolo Ligresti e Fausto Marchionni, mentre Antonio Talarico e Giulia Ligresti hanno portato a casa un milione a testa (500 mila a Massimo Pini).


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