Fiom, la carica dei 50 mila “Pronti allo sciopero generale”

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C’erano gli uomini di Di Pietro e quelli di Vendola, non c’erano – se non per una sparuta presenza – i rappresentanti del Pd. Ieri la Fiom in sciopero ha riempito Piazza San Giovanni a Roma con una manifestazione in difesa dei diritti del lavoro, dell’articolo 18 e del contratto nazionale. Obiettivo della protesta le scelte della Fiat e «l’autoritarismo» di Marchionne, ma anche la mancata redistribuzione del reddito e l’assenza di un «piano straordinario d’investimenti» necessario a portare il Paese fuori dalla crisi.
Una manifestazione sulla quale si è consumato il solito balletto delle cifre: 50 mila persone in piazza (stima non ufficiale) e un’adesione del 70 per cento nelle fabbriche, secondo la Fiom (per Fiat invece non si è andati oltre il 5,7). Una protesta pacifica, salvo tre episodi slegati dal corteo e dai metalmeccanici, ma che testimoniano la tensione sociale del momento: un lancio di uova contro una filiale di Banca Intesa per mano di alcuni universitari No-Tav; uno scontro davanti al liceo Righi fra studenti pro-manifestazione e gli aderenti al movimento di destra Controtempo; una tentata occupazione della sede Cipe da parte di un gruppo di precari cobas dell’Usb (quattro arresti e 37 denunce). Uno degli obiettivi della Fiom, d’altra parte, era proprio quello di «riportare alla democrazia San Giovanni», piazza storica della sinistra, che lo scorso ottobre era stata teatro di scontri e violenze durante la manifestazione degli indignati.
Niente infiltrati e pochi politici: una piazza operaia. Così l’ha definita dal palco lo stesso Maurizio Landini, leader della Fiom. «Chi oggi è qui non è in gita, ha scioperato, ha rinunciato ad un giorno di paga, guadagna 1200 euro al mese e paga le tasse». Chi era lì voleva «la tutela della Costituzione e dell’articolo 18», «l’estensione della cassa integrazione facendo pagare le imprese che oggi non pagano», la riapertura della riforma delle pensioni: «i lavori non sono tutti uguali: una cosa è fare il professore universitario, un’altra i turni in fabbrica». I secondi «non possono lavorare fino a 70 anni: e poi i giovani chi li aiuta?». Sulla riforma del lavoro Landini è stato chiaro: «Mi auguro che si faccia l’accordo, ma se non parte una trattativa seria siamo pronti ad arrivare allo sciopero generale».
Il messaggio è destinato alla Cgil, la «casa madre» che tratta al tavolo della riforma e con la quale la Fiom ha spesso rapporti burrascosi (l’intervento del segretario confederale Scudiere è stato fischiato). Ma ancor di più al Pd che ieri, al di là  di alcuni singoli rappresentanti (Vita, Nerozzi, Bassolino) non ha aderito alla protesta del sindacato. Motivazione dichiarata: la presenza dei No-tav (movimento ieri in piazza assieme ad Acqua Pubblica e al Comitato vittime di Viareggio). «Guardate quanti siamo e ascoltateci» ha detto dal palco Landini. Angelo di Modena, l’unica bandiera del Pd che sventolava ieri a San Giovanni, dà  una linea ancora più chiara: «Cosa vuol dire Fiom? Federazione Impiegati Operai Metallurgici. Dove deve stare il Pd se non qui?».


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