Finto tecnico, magnifica preda

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Mascherato da governo tecnico, è questo il governo politico che Berlusconi ha subìto per mettere riparo senza troppi danni alle sue malefatte, all’incompetenza dei suoi ministri, ai suoi smisurati appetiti predatori, al folklore razzista della Lega. È anche il governo politico che desiderava da tempo in Italia, e pure fuori, un vasto conglomerato d’interessi che vent’anni or sono – insieme ad altri, che avevano tutt’altri progetti – ha preferito il tracollo al risanamento della cosiddetta, e invero barcollante, prima repubblica. Il programma di tale conglomerato è arcinoto: privatizzazioni, deregulation, smantellamento del welfare, botte in testa al mondo del lavoro. Ma c’è modo e modo di far le cose. E il conglomerato suddetto ha alla lunga dovuto ammettere di aver puntato sul cavallo sbagliato, ossia Berlusconi. 
Per la verità , un pezzo di Pd, di cui Veltroni è simbolo (ma ci sono tanti altri: Ichino, Letta jr., Salvati, Fioroni, ecc.) non da oggi va dicendo: ci siamo noi! Ma è arrivato un po’ tardi, quando Berlusconi aveva ormai preso piede. C’è in realtà  da presumere pure che il conglomerato diffidi, che non attribuisca a costoro sufficiente peso elettorale e politico. Ecco perché si è accanito a puntare sull’imbonitore di Arcore, sottovalutandone goffaggine e terribili debolezze personali. 
Quando Berlusconi si è incartato, la scelta più ovvia sarebbero state le elezioni. Ma la reazione di Berlusconi, dopo parecchie resistenze, è stata un’altra: mi tolgo dai piedi, ma a condizione che non m’infliggiate l’ignominia di una sconfitta elettorale. Pretendo un successore che né mi sconfessi, né mi umilii. La soluzione è stata concordata col capo dello Stato. Che ha fatto la cosa più saggia che poteva. Viste le resistenze di Berlusconi, e la pressione dei mercati, non c’erano i tempi per votare. Così ha scelto il successore più rispettabile che a destra potesse trovarsi. Né Schifani, né Letta, per intenderci. Già  designato da Berlusconi a far parte della Commissione europea, confermato dal governo D’Alema, Monti era l’uomo più adatto a far felice il conglomerato che aspira a una seria chemioterapia di destra per l’Italia.
Al Pd non è rimasto che accodarsi. È difficile che l’ammetta, ma Bersani non aveva alternative. Berlusconi voleva un successore scelto tra i suoi compari e il capo dello Stato gliene ha fatto ingoiare uno che sì è di destra, ma è anche persona rispettabile. Poteva Bersani fare il difficile? In più il suo fronte interno è fragilissimo. Ammettiamo che si fosse votato, che il Pd avesse vinto con Vendola e Di Pietro. Qualcuno dubita che il cammino del nuovo governo sarebbe stato un calvario? Se non avessero provveduto Vendola e Di Pietro, ci avrebbe pensato Veltroni, già  responsabile della fine del secondo governo Prodi ben più di Bertinotti e Mastella messi assieme. Non a caso Bersani corteggia da tempo il Terzo polo. 
Casini è quel che è, Fini si è ribellato quando l’hanno messo alla porta. Entrambi per un tempo infinito hanno avallato condoni, leggi ad personam, Porcellum e mille altre vergogne. Se però si costituisse una maggioranza ufficiale di centrosinistra, con dentro un po’ di centro vero, sarebbero almeno chiari i compromessi e più ardue le imboscate. Forse il calcolo è errato, ma il problema soprattutto è che Casini non vuol saperne di assumere impegni troppo stringenti e pensa all’eredità  Berlusconi. Se si muovesse con accortezza, non potrebbe magari ereditare tutto il centrodestra? 
E così, nella paralisi delle forze politiche, Monti sbriga il suo lavoro. Con zelo, ma con le cautele che si richiedono a un governo di destra minimamente intelligente. E con una discreta dose di moralità , di cui si sentiva gran bisogno. È vero ha un ministro con camere con vista sul Colosseo e un sottosegretario che ha vinto un concorso universitario in maniera molto dubbia, ma ha pure ministri competenti e fattivi e fa la lotta all’evasione. Fermo resta però l’obiettivo di mettere in riga una volta per tutte il mondo del lavoro. 
Naturalmente, prima o dopo si dovrà  votare e sono iniziate le manovre per il dopo. Il paese era ridotto allo stremo. Monti ha dato qualche brusco colpo di remo per sottrarlo al gorgo che lo stava inghiottendo. Basterà ? Non sappiamo – Guido Viale risolutamente lo nega. Per intanto esibendo la confortante maschera del governo tecnico, non quella di un governo politico artatamente screditata dai giornali che fanno da portavoce al conglomerato di cui sopra, Monti ha persuaso un po’ di italiani che la terapia è dura, ma senza alternative e può perfino funzionare. In tanti forse si sentono un po’ colpevoli e sono pronti a accettare severi sacrifici. In ogni caso è iniziata la gara tra i partiti per annettersi Monti e il credito che s’è guadagnato: lo vuole la coppia Casini-Fini, lo vuole Veltroni, lo vuole perfino Berlusconi. Forse lo vuole un po’ meno Bersani, cui il collasso di Berlusconi aveva offerto più brillanti prospettive, ma rischia di doverlo volere pure lui. A chi tocca pagare il conto lo sappiamo in partenza.


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