by Editore | 6 Marzo 2012 8:11
GINEVRA – Alla vigilia del Salone dell’auto, uno dei più difficili per la crisi che colpisce i mercati europei, scoppia la polemica sul futuro degli stabilimenti italiani della Fiat. Tutto nasce dalle dichiarazioni dell’ad, Sergio Marchionne, che nei giorni scorsi aveva rivelato al Corriere della Sera: «Se gli stabilimenti italiani non riuscissero a cogliere l’opportunità di lavorare in modo competitivo anche per gli Stati Uniti, dovremmo ritirarci da due siti su cinque». Quali? Secondo un’indiscrezione pubblicata ieri da Affaritaliani.it, i due stabilimenti a rischio chiusura sarebbero Pomigliano e Mirafiori. Il sito online di notizie economiche riprende le ipotesi già circolate negli ultimi giorni e correda la notizia con una tabella definita «un documento non ufficiale che circola a Pomigliano». Nello schema entro il 2016 il suv previsto a Mirafiori finirebbe nello stabilimento serbo di Kragujevac, la Mito andrebbe a Melfi e la Nuova Panda oggi prodotta a Pomigliano tornerebbe in Polonia. E accanto ai siti di Pomigliano e Mirafiori compare la scritta “closed”.
Per tutta la giornata si succedono commenti e polemiche. Poi, a metà pomeriggio, la smentita ufficiale, secca e inequivocabile: «Non esiste alcun piano di chiusura di impianti automobilistici in Italia», si legge in una nota del Lingotto che minaccia «ogni opportuna iniziativa di tutela in merito ad illeciti connessi alla diffusione di notizie o documenti falsi». Quanto alla tabella pubblicata da Affaritaliani.it «non riflette in alcun modo né i piani né le intenzioni di Fiat». Ben prima della smentita del Lingotto era toccato al ministro del lavoro, Elsa Fornero, rassicurare: «Ho sentito al telefono John Elkann e Sergio Marchionne e mi hanno garantito che si tratta di notizie destituite di ogni fondamento».
Naturalmente le reazioni di parte sindacale sono meno dosate nei toni. Per il leader della Cgil, Susanna Camusso, «la Fiat si presenta sempre più con un avvenire fosco rispetto alle prospettive industriali del nostro paese». Per il numero uno della Fiom, Landini, «il presidente del consiglio dovrebbe convocare immediatamente un tavolo sul futuro degli insediamenti italiani». Rassicuranti invece i toni dei sindacati che hanno aderito alle proposte di accordo fatte dall’azienda in questi ultimi anni. «La chiusura di stabilimenti? E’ una bufala», taglia corto per il Fismic Roberto Di Maulo. Fim e Uilm affermano di attenersi agli impegni presi dalla Fiat al tavolo delle trattative. A sostegno della tesi di chi non vede pericoli di chiusure imminenti, c’è l’annuncio fatto dalla Fim di Torino: la Fiat ha chiesto al ministero la cassa integrazione per ristrutturazione, segno che intende far partire l’investimento per la realizzazione dei minisuv a Mirafiori. Il Lingotto ha annunciato ieri anche la costruzione di un nuovo stabilimento di Cnh in Brasile. Questa mattina Marchionne terrà la conferenza stampa al salone di Ginevra e avrà certamente modo di replicare alle polemiche delle ultime ore. A rendere incandescente il clima nelle fabbriche, oltre alla vicenda Fiat, potrebbe esserci la prossima settimana la rottura tra governo e sindacati sulla riforma del lavoro. L’appuntamento è fissato per martedì. La Cgil ha fatto sapere ieri che senza accordo la riforma verrà m contrastata nelle piazze.
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