by Editore | 15 Marzo 2012 7:51
LONDRA – Era la somma della conoscenza umana, racchiusa in trentadue volumi finemente rilegati. Dalla A alla Z, tutto quello che avreste voluto sapere, e anche tutto ciò che non avreste mai osato chiedere, si poteva trovare fra le pagine dell’Encyclopaedia Britannica. «Lo dice l’enciclopedia», era la frase con cui generazioni di studenti, studiosi e curiosi mettevano a tacere qualunque discussione. Ma adesso l’enciclopedia non lo dirà più, perlomeno non in trentadue volumi. Dopo 244 anni e sette milioni di libri venduti, la Britannica smetterà infatti di uscire in forma cartacea, per esistere soltanto in versione digitale, su Internet.
Non è una scomparsa, perché sul web sarà ancora consultabile, ma è al tempo stesso una svolta e una resa. Una svolta, perché se la madre di tutte le enciclopedie abbandona la carta per l’online significa che presto o tardi tutti i manuali di consultazione, e forse l’intera comunicazione cartacea, farà la stessa scelta. Ed è una resa, perché la sconfitta dell’enciclopedia di carta è il frutto della vittoria di quella digitale: Wikipedia batte Britannica. Con quasi quattro milioni di voci, leggibili gratuitamente, l’enciclopedia scritta collettivamente da tutti sul web era diventata già da tempo la principale fonte per ogni tipo di informazione, arcana o essenziale, futile o importante. In confronto la Britannica, su carta o Internet, offre appena 100mila voci. I suoi 32 volumi oggi costano evidentemente troppo (intorno ai 1000 euro). In compenso il suo sito (in parte gratuito) ha avuto 450 milioni di visitatori nel 2011, di cui mezzo milione sono abbonati a pagamento (per circa 70 euro l’anno).
«È il segno del passaggio a una nuova era», ammette Jorge Cauz, presidente della Encyclopaedia Britannica, che fu pubblicata per la prima volta a Edimburgo nel 1786. «Qualcuno sarà triste, ma il nostro sito web viene aggiornato in continuazione, è più ricco e multimediale, non ci sono confronti con la versione cartacea». I consumatori concordano: l’edizione 2010 ha avuto una tiratura di appena 8mila copie e la metà sono rimaste invendute. Nel 1990 se ne vendevano ancora 120mila l’anno. Quattro anni dopo, quando la Microsoft mise un’enciclopedia su Cd-Rom, le vendite della Britannica si dimezzarono di colpo. Poi è arrivata Wikipedia e il declino è stato inarrestabile. «La nostra enciclopedia è scritta dagli accademici più autorevoli, non da dilettanti», sottolinea il presidente della Britannica, con una frecciata a Wikipedia. Ma anche l’opinione del più qualificato docente universitario è pur sempre una singola opinione, obietta Gary Marchionini, direttore della School of Information and Library Science: «La scomparsa delle enciclopedie cartacee è una tendenza inesorabile».
Non tutte gettano ancora la spugna: la casa editrice americana World Book continua a pubblicare un’enciclopedia in 22 volumi, venduta però più che altro a scuole e biblioteche. Quel che è tramontato, affermano gli esperti, è l’acquisto dell’enciclopedia a rate mensili, in genere attraverso un rappresentante che la offriva di casa in casa, come usava anche in Italia durante il boom economico degli Anni ’60, quando pareva che il salotto di ogni laureato dovesse avere una libreria con quei volumi pieni di sapienza, allineati uno accanto all’altro. «C’era qualcosa di meravigliosamente concreto nelle enciclopedie di carta», commenta A. J. Jacobs, un autodidatta che ha letto la Britannica dalla prima all’ultima riga per scrivere il suo libro The know-it-all (Il saputello). Sul web, concordano i nostalgici, non puoi imbatterti per caso in una parola, mentre ne cerchi un’altra sulla pagina adiacente. Ma quanti di quei 32 volumi della Britannica non venivano mai nemmeno aperti?
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