by Editore | 7 Marzo 2012 9:24
MILANO — Le quote rosa fanno bene alla politica. È più di un auspicio adesso che due docenti, donne, della Bocconi sono riuscite a produrre la prova. Aumentando il numero delle candidate aumenta la qualità degli eletti, donne e uomini, questa la tesi dimostrata per la prima volta. Inserire le signore per forza, perché lo chiede la legge, non abbassa la qualità e non è antimeritocratico.
C’è voluto anche un pizzico di fortuna, una circostanza particolare ha creato le condizioni per realizzare quello che le autrici definiscono un «esperimento naturale» e poter sbandierare oggi la prova scientifica.
La storia in breve è la seguente: la legge 81 del 1993 stabilisce che nessun genere può rappresentare più dei 2/3 dei candidati totali nelle liste elettorali comunali, la legge però viene abolita nel 1995 perché dichiarata incostituzionale. Poiché le elezioni avvengono ogni cinque anni, non tutti i comuni vanno al voto quando la legge è in vigore. E questa circostanza rende possibile il confronto fra due gruppi di comuni, con e senza quote. La misurazione poi si rivela a favore delle quote, e delle donne: la loro presenza non peggiora, anzi migliora la qualità dei candidati (che si misura sugli anni di istruzione e anche sul tipo di occupazione che avevano prima dell’incarico).
Il documento, un working paper ancora da pubblicare, è firmato da Alessandra Casarico e Paola Profeta, professori associati del dipartimento di Analisi delle politiche e management pubblico della Bocconi, che hanno preso in esame 8.100 Comuni. «Il nostro lavoro si focalizza sul contesto dei politici locali e dimostra per la prima volta che le quote hanno un effetto positivo sulla qualità degli eletti, sia donne sia uomini». Un doppio vantaggio, spiega Paola Profeta: «Abbiamo osservato nel nostro studio che non soltanto le donne inserite erano più istruite dei colleghi uomini ma per fare spazio alle candidate femmine erano rimasti fuori i maschi meno qualificati. Così è migliorato il livello medio di tutta la classe politica».
Lo studio (con la collaborazione anche di Paola Bello, sempre bocconiana e di Audinga Baltrunaite, ora all’università di Stoccolma) arriva in contemporanea al richiamo Ue sulle quote rosa. Poche manager, serve una legge, ha appena detto la commissaria europea Viviane Reding: «Altrimenti ci vorranno almeno quarant’anni per raggiungere un significativo equilibrio fra donne e uomini».
«La nostra ricerca è stata condotta sui politici locali ma il risultato andrà valutato anche nel dibattito sulle disparità di genere nel lavoro e nelle carriere — sostiene Profeta —. La qualità dei politici è determinante per la crescita di un Paese e lo stesso si può dire per le imprese». E la qualità , con le donne, aumenta.
Respinto con forza insomma l’argomento delle quote antimeritocratiche. «Era riemerso anche nel dibattito che ha accompagnato l’adozione della legge 120 del 2011 che impone alle società quotate una percentuale minima del genere meno rappresentato nei cda e nei collegi sindacali. Oltre ad apparire singolare in un Paese in cui le donne sono ormai più istruite degli uomini e i talenti femminili abbondano (e sono anzi largamente sprecati), questa argomentazione non convince e non è mai stata provata», scrivono le bocconiane. Adesso convince ancora meno.
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